Francesco Damato, tra i fondatori del Giornale e direttore del Giorno, attacca il sindaco di Milano Sala: una mancanza “scandalosa”, il ricordo di Montanelli andava tutelato.
Non si arresta la polemica esplosa intorno alla statua di Indro Montanelli, imbrattata per sottolineare il passato “razzista” del grande giornalista italiano. Ad alimentare lo scontro è Francesco Damato, fondatore insieme a Montanelli del Giornale e direttore del Giorno: “Ma se la statua era stata presa di mira già da tempo, perché il sindaco di Milano non ha predisposto un servizio di sorveglianza?“. Un errore, quello attribuita a Giuseppe Sala, che Damato definisce “scandaloso”: perchè a subire un danno “non è la statua in sé, ma il ricordo di Montanelli“. L’ondata di rabbioso antirazzismo che è arrivata dagli Stati Uniti in seguito all’omicidio di George Floyd è arrivata in Italia andando a colpire il ricordo e l’immagine di Indro Montanelli. Una polemica vecchia, in realtà: Montanelli è accusato di razzismo e addirittura di pedofilia per aver sposato, nel 1936, una ragazzina 14enne in Etiopia. Il giornalista, allora 25enne, era in servizio come sottotenente volontario nel possedimento coloniale italiano: “Era in Africa”, racconta Damato, “perché, a 26 anni, aveva chiesto di seguire la guerra da inviato. Non gli fu concesso e, quindi, si arruolò. Fu allora che comprò una ragazza di nome Destà, dell’età approssimativa di 12 o 14 anni, non si è mai saputo con certezza. Era la figlia di un uomo che possedeva degli animali. Montanelli e il padre della ragazza si accordarono per la cifra di 350 lire, dopo la richiesta iniziale che era stata di 500. Allora gli ufficiali prendevano queste ragazze perché li seguissero e lavassero loro la biancheria. Insomma, si prendevano cura degli uomini sul fronte. Dopo un paio d’anni la cedette a un altro ufficiale, un generale. Poi, la ragazza se ne andò per conto suo e Montanelli non ne seppe piu’ nulla”.
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Questa la storia: che in effetti lascia degli spiragli di dubbio su un aspetto – dei tantissimi che caratterizzarono la figura del giornalista – che certamente ad uno sguardo attuale e moderno non è comprensibile o accettabile. Ma la verità di quella parte della vita di Montanelli forse è un’altra: è lo stesso Damato a spiegarlo. “Si dice che fosse un razzista: ebbene, era un razzista molto strano dato che nella sua vita ha avuto un solo figlio e questo era di colore” spiega il giornalista, riferendosi al figlio della ragazza etiope che Indro Montanelli acquistò dal padre una volta arrivato come sottotenente volontario in Africa. Un figlio che, però, il giornalista non aveva mai ammesso essere suo, ma che aveva raccontato essere nato dalla relazione della ragazza con il nuovo marito, etiope anche lui. Damato rivela un altro episodio, utile a comprendere meglio quegli eventi: “Montanelli era tanto razzista che nel 1952, tornato in Africa, volle cercare quella ragazza e scoprì che lei, non solo si era risposata, ma aveva avuto anche tre figli, al primo dei quali aveva dato nome Indro! Per dire del ricordo che aveva lasciato Montanelli”. Un figlio che il grande giornalista ha sempre negato essere suo, ma che secondo Damato lo era: “Sì, io capii che era suo perché una volta, durante un viaggio che facemmo in macchina, accennò a questo figlio: io ero arrabbiato con un nostro capo che aveva favorito in redazione una sua giovane amante. Indro mi disse allora: Franceschino, io ho un solo figlio più o meno della tua età. Ognuno di noi ha le proprie debolezze”. Insomma, per Damato “Montanelli era un personaggio molto particolare, ma dire che fosse razzista è una sciocchezza. Era stato fascista come lo erano stati tutti durante il Ventennio e lui, poi, fu anche punito per aver scritto di una battaglia durante la guerra di Spagna come di una ‘passeggiata’. Il regime voleva che se ne parlasse con toni epici. Per punizione fu inviato in Lettonia dove conobbe una ragazza. Ma questa è un’altra storia”.
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