Uno studio non pubblicato ipotizza una variante che aumenta il numero di picchi che possono attaccare le cellule umane; circolava già da tempo.
Una notizia che ha dell’incredibile: secondo gli scienziati dello Scripps Research Institute in Florida hanno messo in pre-pubblicazione uno studio che mostra una possibile mutazione significativa e influente non sulla virulenza ma sulla trasmissibilità del SARS-CoV-2. Lo studio, comunque, non è ancora stato pubblicato, la notizia non è quindi confermata. Secondo quanto riportato dalla CNN si tratta di un gene per la proteina Spike “D614G”, già reso nota da altri gruppi di ricerca. I ricercatori hanno dimostrato che questa mutazione ha avuto l’effetto di aumentare notevolmente il numero di picchi (spike) “funzionali” (che possono penetrare nelle cellule) sulla superficie del virus, come ha detto l’autore senior, Hyeryun Choe. Tutto questo, però, non vuol dire che la mutazione sia più letale. Non c’è alcune evidenza di questo per ora e comunque non riguardo a questa specifica mutazione. L’interesse di un virus è adattarsi per replicarsi, quindi un cambiamento di questo tipo (sulla contagiosità) è “vantaggioso”, mentre diventare letale non “aiuta” il virus stesso nella diffusione, visto che quando muore l’ospite, muore anche il patogeno e smette di replicarsi.
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Per quanto riguarda il vaccino, invece, sarebbe quasi pronto e verrebbe direttamente da Oxford. Il vaccino sviluppato dallo Jenner Institute consiste in un adenovirus (il virus del raffreddore degli scimpanzé) svuotato del suo patrimonio genetico, quindi privato della capacità di infettare, e riempito della proteina Spike sintetizzata, cioè prodotta chimicamente in laboratorio. La Spike è indispensabile per il Sars-CoV-2 in quanto gli permette di entrare nella cellula umana. Il vaccino stimola la produzione di anticorpi che combattono il virus. Gli studi clinici di fase 1, sull’uomo, sono cominciati a marzo in Inghilterra per verificare se il vaccino è sicuro, cioè non ha effetti tossici. Si sono conclusi a maggio su un migliaio di volontari. I dati preliminari non sono ancora stati pubblicati. “Per l’Europa sono previste 400 milioni di dosi. La popolazione europea è di circa 450 milioni di persone, quindi praticamente tutti – ha detto il presidente di AstraZeneca Italia – Avremo diverse decine di milioni di dosi pronte prima della fine anno e poi nei primi mesi del 2021 arriveranno il resto delle dosi”. Come sarà distribuito “è una decisione che dovranno prendere in Europa. I 4 Paesi dell’alleanza – Italia, Francia, Germania e Olanda – insieme all’Unione europea stanno definendo i meccanismi di allocazione”.