Condannati in Italia per le stragi naziste, non hanno mai scontato la pena. Sono gli ultimi due criminali di guerra ancora in vita: ormai hanno quasi cento anni
Si chiamano Alfred Stork e Wilhelm Karl Stark, hanno quasi cento anni, e, secondo i dati ufficiali, sono gli ultimi due criminali di guerra protagonisti delle stragi naziste ancora vivi e a piede libero nel loro Paese. Ciò nonostante siano stati condannati all’ergastolo dalla giustizia italiana per l’uccisione indiscriminata di militari e civili. Nei loro confronti pendono altrettante procedure di esecuzione della pena, alle quali però la Germania non ha dato finora seguito, come del resto avvenuto per altre decine di casi.
Il Tribunale militare di Roma ha riconosciuto (il 18 ottobre del 2013) la responsabilità penale dell’imputato Stork, condannandolo all’ergastolo, per il massacro compiuto nel settembre del 1943 sull’isola di Cefalonia, dove vennero fucilati per mano tedesca, in esecuzione di uno specifico ordine di Hitler, centinaia di soldati italiani, prigionieri di guerra, in spregio delle convenzioni internazionali che – anche all’epoca dei fatti – imponevano un trattamento umano dei militari che avevano ormai deposto le armi.
Situazione analoga avvenne per la strage di Sant’Anna di Stazzema: nessuno ha pagato. La magistratura militare italiana aveva condannato 10 ex militari nazisti all’ergastolo, ma le pene non sono mai state eseguite. I mandati di cattura europei sono stati ignorati, né hanno avuto successo le istanze volte a far scontare le condanne in Germania.
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Nel frattempo i 10 ergastolani, che non hanno mai fatto un giorno di galera o di arresti domiciliari, sono tutti morti nei loro letti. L’ultimo, Gerard Sommer, classe ’21, che nel 2015 fu archiviato dai giudici di Amburgo perché incapace di intendere e di volere: è deceduto nel 2017. In tutto sono 60 gli ex criminali di guerra nazisti condannati all’ergastolo in Italia rimasti impuniti. Di questi, solo due, come detto, oggi sono ancora vivi. Ma se la strada dell’esecuzione delle pene è ormai preclusa, è ancora possibile in sede civile arrivare a un risarcimento, come hanno evidenziato in più occasioni il procuratore militare di Roma Antonio Sabino e il pg presso la Corte d’Appello Marco De Paolis.
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