Caso Cucchi, il super testimone Casamassima: “Mi hanno voluto punire”

Riccardo Casamassima, appuntato dei Carabinieri, racconta di aver subito ritorsioni e provvedimenti ingiusti dopo la sua testimonaiza sul caso Cucchi. La sua rivelazione aveva permesso la riapertura del caso sulla morte del 31enne deceduto in carcere il 22 ottobre 2009.
“Ho parlato con l’avvocato Fabio Anselmo, difensore della famiglia Cucchi, solo nel 2015, per paura di ritorsioni”. Così Riccardo Casamassima, appuntato dei carabinieri in servizio alla prigione di Tor Vergata nell’ottobre 2009, comincia a raccontare la sua storia. Una storia di pressioni e di provvedimenti subiti, di ingiustizia e di omertà. L’incubo di Riccardo Casamassima inizia dopo la sua testimonianza sul caso Cucchi, che ha permesso la riapertura dell’indagine sulla morte di Stefano, avvenuta in carcere il 22 ottobre 2009. Casamassima racconta di aver subito ben 15 provvedimenti dopo quella sua rivelazione, nonché tutta una serie di trasferimenti non voluti.
A seguito della sua testimonianza al processo Cucchi bis del 2018 infatti Casamessina subì un trasferimento sospetto. “C’è stata la testimonianza e poi è partita la pratica per il trasferimento. Sono finito sempre a Roma, ma 7 chilometri più lontano da casa mia. Dalla caserma di Tor Vergata a quella in via Giulio Cesare, alla Scuola allievi” – racconta al pm Giovanni Musarò. E denuncia: “Ho perso tutto: indennità e straordinari. Sono minimo 400 euro al mese (da 2000 a 1600). Mi hanno voluto punire”. Ma non finisce qui. “Nel 2019, a giugno – ha aggiunto Casamassima – mi hanno messo in ufficio dove non facevo nulla. Mi tenevano sei ore fermo. Era imbarazzante. Lo scrissi sui social e venni contattato dalla ministra della Difesa Trenta, che incontrai”
L’accusa a Giovanni Nistri e la sentenza dell’Anac
Il militare non fa mistero delle sue intuizioni sul colpevole di tali misure contro di lui: si trarrebbe di Giovanni Nistri, comandante generale dei carabinieri, che avrebbe fatto pressione affinché Casamassima fosse messo all’angolo. “Un superiore, in una conversazione, evidenziò la volontà di Nistri di fare pressione su di me” – ha accusato l’appuntato davanti al giudice Roberto Nespeca.
Il caso è stato rimesso all’Anac, che però non ha rilevato responsabilità di Nistri rispetto alle presunte pressioni denunciate da Casamassima. “L’Anac ha espressamente evidenziato che si tratta di una conversazione decontestualizzata alla quale possono essere attribuiti significati completamente differenti da quelli prospettati dal Casamassima e che non risulta idonea a dimostrare intenti ritorsivi nei confronti del graduato”. Così una nota del comando generale dei Carabinieri a proposito della conversazione avuta da Casamassima con il suo superiore, che a detta dell’appuntato incastrerebbe Nistri. La nota prosegue commentato anche i provvedimenti subiti da Casamassima: “L’Anac ha riconosciuto con delibera del 1 aprile 2020, la piena legittimità dei provvedimenti adottati nei confronti di Casamassima ed ha escluso sia qualsiasi carattere ritorsivo o discriminatorio o persecutorio e sia qualsiasi demansionamento”.
A nulla sono valse anche la due denunce sporte dal miliare al vertice dei Carabinieri, una per diffamazione e la seconda per rivelazione del segreto di ufficio. Il gip ha archiviato entrambe le querele lo scorso settembre.