I carabinieri dei Nas hanno sequestrato le cartelle cliniche dell’ospedale di Alzano. E il primario di Malattie Infettive dell’ospedale di Bergamo parlava di “crescita altissima” dell’epidemia già a fine febbraio.
Emergono nuovi dettagli a proposito della situazione complicata dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Di queste due cittadine in provincia di Bergamo si sono dette tante cose fin dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus. Qui si è sviluppato il primo focolaio alla fine di febbraio, e le ultime informazioni riguardano proprio quella tanto chiacchierata zona rossa che non è stata avviata. O meglio, i soldati sarebbero già stati pronti a chiudere tutti i varchi per entrare e uscire da Alzano e Nembro. Tuttavia, il problema fu un altro, ovvero la mancanza di un ordine per poter procedere.
Nello specifico, la politica che c’è a capo della Regione Lombardia non voleva fermare in alcun modo le attività e la vita sociale. Nonostante il fatto che comuni come Codogno, Lodi e per l’appunto Alzano e Nembro fossero sommersi giorno dopo giorno da nuovi casi di contagio da Covid. Già il 27 febbraio scorso, ben due settimane prima che il premier Conte ordinasse la zona rossa a livello nazionale, il focolaio era già ben visibile. In provincia di Bergamo si registravano 72 casi di positività e Nembro era uno dei comuni più colpiti, il più colpito in assoluto tra quelli al di fuori della zona rossa di Codogno.
A far riflettere in maniera pesante, sono le parole rilasciate da Marco Rizzi. Questo è quanto disse il 28 febbraio il primario del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: “La crescita dell’epidemia è rapidissima, a partire da un focolaio che si è sviluppato dall’ospedale di Alzano. La terapia intensiva e ogni altro reparto sono già saturi. Servono misure di contenimento”. Nonostante questo vero e proprio appello la Regione Lombardia, nella persona dell’assessore al welfare Giulio Gallera, si oppose fermamente alla creazione di una zona rossa che comprendesse Alzano e Nembro.
Inutile soffermarsi sulla situazione degli ospedali e Bergamo e provincia, letteralmente presi d’assalto dalla gente che denunciava sintomi molto simili a quelli del Coronavirus. In particolare, a far discutere è proprio la situazione dell’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano. Già nella seconda metà di febbraio vengono denunciati almeno cinque casi di decessi dovuti a polmonite interstiziale. Così il 23 febbraio il direttore sanitario opta per la chiusura dell’ospedale, su pressione dei suoi medici. Tuttavia, poche ore dopo è la Regione Lombardia a ordinare l’immediata riapertura, con i suoi funzionari che ne gestiranno le attività.
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Una situazione incredibile e incresciosa, tanto che in queste ore i carabinieri del Nas hanno sequestrato, su ordine della Procura di Bergamo, le cartelle cliniche dei pazienti ricoverati ad Alzano fino al 7 marzo. Si tiene in considerazione la possibilità che in quei giorni ci fossero ricoveri promiscui tra persone che avevano contratto il Covid e malati di altre patologie in almeno tre reparti. Un altro aspetto fino a ora rimasto nell’ombra, ma che rivela ancora una volta la pessima gestione da parte della Regione Lombardia, di un’emergenza che ha mietuto migliaia di vittime.
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