26 marzo 2008 Gavoi, Dina Dore, viene trovata uccisa nel suo garage: il marito Francesco Rocca viene riconosciuto come mandante dell’omicidio.
Franca Leosini è andata in onda con una puntata dal titolo «Quello scotch che sigilla un mistero», dedicata al delitto di Dina Dore, soffocata probabilmente con un nastro da imballaggio davanti alla figlia di 7 mesi nel marzo del 2008. Protagonista dell’intervista è stato Francesco Rocca, condannato all’ergastolo per essere stato il mandante dell’omicidio della moglie. «Io non so cosa sia successo, non lo sapevo allora e non lo so adesso» ha detto lui. La conduttrice aveva già annunciato questo ritorno in tv a marzo, dichiarando che ci sarebbero state due puntate dedicate “ai mandanti dei delitti”, a chi commissiona un omicidio ma non lo commette. Nella seconda puntata si affronterà la storia di Sonia Bracciale, una donna condannata, anche lei, per essere stata la mandante dell’omicidio del marito. Durante la puntata Rocca ha urlato a gran voce la sua innocenza lasciando intendere che la sua pena fosse dipesa in grossa parte a lacune investigative: tanti i punti scuri in questa storia. Per saperne di più scorri l’articolo e scopri cosa è successo!
Fra i delitti commessi in Sardegna, intorno all’area di Gavoi, quello di Dina Dore non è il primo a finire a Storie Maledette. C’è un’altra storia, sorprendente simile a quella di Dina che è stata raccontata dalla conduttrice Franca Leosini: è un femminicidio, compiuto vicino a Gavoi; il condannato è Gianfranco Cherubini, marito della vittima. La vittima è una donna sordomuta: Maria Pina Sedda uccisa una mattina nel garage della sua abitazione. A incastrare Cherubini, oltre alle dichiarazioni della famiglia Sedda che raccontano di un marito incline a liti violente, due supertestimoni che lo vedono andare via dal luogo del delitto insieme ad un altro uomo (probabilmente l’esecutore materiale) proprio mentre la donna veniva uccisa, quando Cherubini, invece, sosteneva di essere a lavoro. Anche lui sarà condannato all’ergastolo. La figlia della coppia, che oggi ha sei anni, è stata affidata ai nonni materni, proprio come poi è accaduto alla piccola figlia di Dina, ma cerchiamo ora di approfondire meglio la storia della Dore.
É il 26 marzo 2008 e a Gavoi, un comune sardo di 2500 anime, fa molto freddo; le mani afferrano veloci il telecomando nella tasca, aprono il garage: vogliono sbrigarsi, entrare. Francesco Rocca ha passato tutta la giornata a visitare pazienti, il dentista sardo non vede l’ora di entrare togliersi le scarpe e stendersi sul divano di casa. Fa freddo, terribilmente freddo. Clic, la porta si apre, ma c’è qualcosa che non va. C’è troppo silenzio: non si sentono le voci della moglie Dina, le urla della piccola. Le luci sono spente. Francesco non capisce cosa stia succedendo. Si guarda intorno, cerca, scava, fruga. Un sospiro di sollievo quando incontra gli occhi della piccola; la sua bimba di 8 mesi è lì ma è sotto choc; è adagiata nel suo seggiolino, poggiato sul pavimento. Intorno a lei una pozza di sangue: di Dina non c’è traccia.
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Il cadavere di Dina Dore verrà ritrovato la mattina seguente nel bagagliaio della macchina, soffocata, ricoperta di nastro da pacchi, con le mani e i piedi legati. Irriconoscibile nel suo dolore muto. Aveva 37 anni e la vita le era stata strappata via; ma da chi? La convinzione in tutti gli abitanti di Gavoi è sempre stata quella di una spedizione estranea al paese che avesse tentato un sequestro di persona, finito con l’imprevista morte dell’ostaggio. Ad avvalorare questa ipotesi il passato del dentista 40enne: suo padre Tonino – a lungo primo cittadino di Gavoi – negli Anni ’70 era sfuggito a due tentativi di rapimento. D’altra parte lui è pieno di dolore e questo si percepisce fin anche dal suo necrologio per la moglie: «Per sempre porterò il tuo ricordo, per sempre ricorderò a nostra figlia quanto l’amavi, per sempre, con lei aspetteremo, con immensa fede, d’incontrarti… Dina. Un bacio, Francesco»; ma le indagini non escludono nessuna ipotesi. Negli anni si susseguono tantissime piste.
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Dopo due anni arriva un primo indizio: una fonte anonima racconta di un terreno conteso da Rocca, che avrebbe scatenato una vendetta. L’ipotesi non regge: è troppo vaga, non ci sono le prove. Nel 2012, una nuova pista: delitto su commissione: Francesco Rocca viene arrestato dalla Dda di Cagliari. Secondo le accuse, il marito avrebbe assoldato due killer per ucciderla e rifarsi una vita. In cambio, ai sicari sarebbe andata una casa o 250mila euro in contanti. Un bottino prezioso in quella zona della Sardegna. A incastrarlo le dichiarazioni di un amico del killer, Stefano Lai che racconta che Pier Paolo Contu, minorenne all’epoca dei fatti gli avrebbe raccontato l’accaduto, tirando in ballo Rocca. Quando lo arrestano in un bar del paese e gli fanno domande sulla sua amicizia col dentista, però, Contu pare spaesato. Chiama la madre: «Mi stanno interrogando su delle pazzie». Alla fine si arrende, chiede il rito abbreviato ma urla la sua innocenza, avrebbe un alibi, dice. «Quando è stata uccisa Dina Dore mi trovavo in un bar di Gavoi insieme al fratello e al cognato della vittima». Ma i due non confermano. Contu è rimasto solo. Il cerchio si sta chiudendo intorno a Francesco Rocca ma lui non sembra affatto turbato. Nel frattempo si è fatto un’amante, Anna Guiso, o meglio la relazione sarebbe iniziata poco prima della morte della moglie. Si tratta dell’assistente del suo studio dentistico, quella che la sostituì quando rimase incinta. Ai giudici, Anna racconta a processo che Rocca l’aveva puntata da tempo. Quando i due divennero amanti lui le disse: «Guarda che io ti amo da sempre». E sulla defunta moglie: «Di lei non mi è mai fregato niente, meritava la fine che ha fatto». La relazione tra il dentista e Anna Guiso sarebbe terminata nel 2009. Ma, una volta chiusa la storia d’amore, lui, afferma la donna, non si sarebbe arreso e le avrebbe detto: “Se non torni con me vedrai cosa ti succederà”. Secondo l’accusa il movente sarebbe proprio questo: il dentista temeva che la moglie avrebbe scoperto la sua relazione con l’assistente di studio e gli chiedesse la separazione che avrebbe messo a dura prova la sua situazione economica, all’apparenza florida ma che in realtà nascondeva “forti debiti”. Ad avvalorare questa ipotesi un messaggio che Rocca scrisse alla Guiso, agli atti: “Tu non sai che cosa ho fatto io per te”. Il colpo di scena durante il processo arriva, comunque, con un match tra il dna trovato sul luogo del delitto e uno dei protagonisti di questa triste vicenda, Pierpaolo Contu. Sia Contu che Rocca urlano la loro innocenza, nel caso del marito di Dina Dore ci sono solo prove indiziarie, ma ormai è finita, per l’opinione pubblica sono loro gli assassini di Dina Dore.
La prima sentenza arriva a 5 anni dall’omicidio, a ridosso della Vigilia di Natale: Contu, all’epoca dei fatti minorenne, viene condannato a 16 anni come esecutore materiale del delitto, a Francesco Rocca spetta il fine pena mai. Il 21 settembre 2018 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva Rocca come mandante dell’omicidio della moglie, confermando i due precedenti gradi di giudizio. Francesco Rocca dovrà trascorrere il resto della sua vita in carcere. Pierpaolo Contu, all’epoca dei fatti 17enne, dopo 8 anni ha beneficiato della semilibertà. A 30 anni è uscito dal carcere.
A fare scalpore un anno fa è stata una lettera di Giulia Zurru, nipote di Dina Dore che ha raccontato come il risarcimento per la figlia Elisabetta sarebbe a rischio: “Calato il sipario mediatico sul caso di Dina, dopo fa fine dei processi, la mia famiglia ha portato avanti altre controversie legali per far si che alla figlia di Dina, ormai adolescente, venisse garantito il risarcimento a cui Rocca è stato condannato e un mantenimento mensile, anch’esso stabilito dal tribunale di competenza. Ma improvvisamente il rampollo di una famiglia benestante e prestigiosa, dentista, figlio di medici e proprietario terriero sembra essersi trasformato in un indigente uomo, un nullatenente. Naturalmente tutto studiato ad hoc per poter tenere al sicuro i suoi beni. Perché nella vita di questo padre assassino e di chi continua ad appoggiarlo, ciò che conta, non è sicuramente il futuro della bambina a cui ha ammazzato la madre. Quello che conta e tenersi in tasca i soldi che non avrebbero restituito una madre e il suo affetto a questa bambina, ma forse le sarebbero stati d’aiuto in questa sciagurata vita.” Parole dure che raccontano il seguito di una vicenda difficile in cui lo Stato non tutela gli orfani di femminicidio. Non si conosce ancora l’esito della vicenda che forse verrà svelato proprio durante la nuova puntata di Storie Maledette.
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