Non c’è pace per la fabbrica di Taranto: Arcelor-Mittal, l’attuale proprietà, ha chiesto la cassa integrazione per “un massimo di 8157 dipendenti”.
Si complica la situazione di ArcelorMittal, la fabbrica dell’acciaio che a Taranto ha lo stabilimento più grande d’Europa. A poche ore dalla presentazione del nuovo piano industriale da parte dell’azienda al Governo – che è atteso entro la settimana e si annuncia come un piano di tagli e di ridimensionamenti – ArcelorMittal ha chiesto ai sindacati nuova cassa integrazione. A decorrere dal 6 luglio, come dichiara la stessa azienda in una lettera inviata alle sigle sindacali del settore metalmeccanico, per “un periodo presumibile di 9 settimane” che “potrà interessare sino ad un massimo di 8.157dipendenti, distinti tra quadri, impiegati e operai, che costituiscono l’intero organico aziendale”. L’impianto siderurgico di Taranto non è affatto nuovo alla cassa integrazione. C’è già stata quella ordinaria da luglio 2019 (ArcelorMittal si è insediata nella gestione a novembre 2018). Chiesta per un massimo di 1200 addetti, in realtà è stata usata per 7/800 dipendenti. Poi, da fine marzo, è scattata la cassa integrazione Covid. Chiesta per circa 8100 dipendenti, è stata utilizzata per oltre 3mila. Adesso è in corso, dal primo giugno, una seconda fase di cassa Covid è stata chiesta sempre per 8100 lavoratori e durerà 5 settimane. Quando terminerà, si attaccherà con la cassa integrazione ordinaria chiesta oggi per tornare poi a settembre all’ultima tranche di cassa Covid. Tra i motivi addotti dall’azienda per la nuova cig, l’emergenza Covid 19 “ancora in atto in tutto il territorio nazionale ed internazionale, i cui effetti continuano ad avere riflessi in termini di calo di commesse e ritiro degli ordini prodotti” e “il parziale blocco delle attività produttive, manifatturiere, distributive e commerciali”.
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Intanto, domani a Taranto la Fim Cisl ha indetto 24 ore di sciopero e l’8, 9 e 10 giugno c’è in fabbrica l’ispezione dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, che rappresentano la proprietà e il Governo, allertati ieri dai sindacati che hanno riferito di “una situazione che è ormai allo sbando”. L’ispezione è quella che doveva svolgersi l’1 giugno. Pur preannunciata dai commissari con anticipo, saltò perchè ArcelorMittal era indisponibile a causa del ponte festivo del 2 giugno. “ArcelorMittal continua percorrendo solo la strada degli ammortizzatori sociali. Va senso unico e non va assolutamente bene” dichiara Biagio Prisciano, segretario Fim Cisl, sollecitando l’intervento del Governo. Antonio Talò, segretario Uilm, dichiara che “i segnali che arrivano da ArcelorMittal restano fortemente negativi e io ribadisco quanto ho già detto mesi fa: basta, discorso chiuso, ArcelorMittal va accompagnata alla porta“. Infine, Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil, afferma che “è una vergogna la richiesta di cassa integrazione ordinaria di ArcelorMittal per oltre 8mila persone a Taranto. Una lettera che è solo un copia incolla delle precedenti lettere. Quest’azienda ci prende per i fondelli, crede di poter fare quello che vuole e quando vuole”.
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