Un recente sondaggio, somministrato all’interno della comunità dei Testimoni di Geova, ha rilevato numeri molto significativi in merito all’obiezione di coscienza opposta al servizio militare.
Secondo quanto emerso da un recente sondaggio effettuato all’interno della propria comunità, sono moltissimi i testimoni di Geova italiani ancora in vita che si sono appellati all’obiezione di coscienza contro il servizio militare. Essendo il servizio militare ritenuto incompatibile con la loro religione, sono quindi oltre 14mila coloro che hanno dovuto scontare una condanna per aver rifiutato di arruolarsi e imbracciare le armi.
Un numero, questo, che come spiegato nella nota ufficiale della confessione religiosa riesce a dare “un’idea dell’enorme prezzo pagato specialmente negli anni ’60-’90 da migliaia di Testimoni di Geova italiani, tra cui centinaia emiliano-romagnoli” per aver deciso di non prestare servizio militare.
Sempre all’interno della nota, viene ricordato che oggi la giurisprudenza internazionale riconosce l’obiezione di coscienza al servizio militare come uno dei diritti umani fondamentali, ma si sottolinea anche che in passato non è stato sempre così. Questo diritto, che ai più giovani appare persino scontato, è stato in realtà una conquista di civiltà pagata a caro prezzo, proprio sulla pelle di moltissimi nostri connazionali. E l’ufficio centrale dell’ente confessionale ha deciso di condurre un simile sondaggio, rivolgendosi direttamente ai Testimoni che sono ancora in vita, proprio per far capire di che prezzo si sta parlando.
“Il risultato fornisce una stima (sebbene per difetto) dell’enorme impatto che la posizione dei giovani testimoni di Geova obiettori ha avuto, specialmente nel secondo dopoguerra, sulla società italiana. È emerso che tra i testimoni di Geova italiani attualmente in vita, almeno 14.180 hanno dovuto scontare una condanna per aver rifiutato di prestare servizio militare”, si legge dunque nella nota, che sottolinea anche come “i partecipanti al sondaggio hanno trascorso in carcere ben 9.732 anni”.
La posizione che i Testimoni di Geova assunsero, appellandosi all’obiezione di coscienza, non rimase poi nemmeno defilata rispetto all’attenzione dei media e del panorama politico italiano del tempo. La loro scelta, infatti, colpì anche l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che nel 1983 dichiarò in uno scritto: “Negli anni Sessanta, quando ero alla Difesa, volli rendermi conto del fenomeno, che andava moltiplicandosi, delle obiezioni militari di coscienza da parte di giovani appartenenti ai Testimoni di Geova. Mi colpì, parlando con loro uno a uno nel carcere di Forte Boccea, la evidente ispirazione religiosa e l’estraneità da qualsiasi speculazione politica; non a caso si sottoponevano ad anni di prigione continuando nel rifiuto di indossare la divisa”.
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A commentare i dati del sondaggio proposto dall’ente confessionale, si è unito poi Sergio Albesano (storico dell’antimilitarismo e autore del libro “Storia dell’obiezione di coscienza in Italia”), che ha spiegato: “I dati impressionanti di questo sondaggio, che oltretutto sono sicuramente inferiori alla realtà poiché molti obiettori sono nel frattempo deceduti […] portano onore ai testimoni di Geova che, per coerenza al loro credo religioso, hanno sopportato con fermezza una situazione avversa quale la reclusione, non perché avessero compiuto atti antisociali, come rubare o uccidere, ma addirittura per il loro rifiuto di imparare a uccidere”.
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