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Cronaca

‘Ndrangheta in Veneto, indagato ex sindaco Verona Flavio Tosi

E’ indagato anche l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi nell’ambito dell’inchiesta sulla ‘Ndrangheta del Dda di Venezia. L’accusa presentata è di concorso in peculato. 

(Foto di Damien Meyer, da Getty Images)

L’ex sindaco di Verona Flavio Tosi è indagato con l’accusa di concorso in peculato nell’ambito dell’inchiesta sulla ‘Ndrangheta in Veneto. E’ quanto emerso dagli atti dell’inchiesta della Dda di Venezia che, solo oggi, ha portato all’applicazione di 26 misure cautelari, tra le quali 23 arresti. Le misure riguardano un’associazione criminale molto attiva nel capoluogo scaligero, legata alla cosca della ‘Ndrangheta degli Arena-Nicosia. I reati ipotizzati nell’inchiesta, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio ed estorsione.

Per quanto riguarda l’ex sindaco di Verona Tosi, l’accusa di concorso in peculato sarebbe ricollegabile alla distrazione di denaro da parte dell’ex presidente della municipalizzata dei rifiuti Amia, Andrea Miglioranzi. La somma in questione “non inferiore a 5.000 euro” sarebbe stata usata per pagare una fattura di un’agenzia di investigazioni privata. Una fattura fittizia, fatta su prestazioni in realtà mai eseguite in favore di Amia, ma nell’interesse dello stesso Tosi.

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Nell’inchiesta si sono delineate le dinamiche interne all’organizzazione. La figura chiave era quella di Antonio Giardino, boss della ‘Ndrangheta di Isola di Capo Rizzuto. In base a relazioni con Giardino, due funzionari dell’Amia, l’azienda veronese per l’igiene urbana, sono stati posti agli arresti domiciliari. Gli inquirenti hanno effettuato sequestri dal valore di 15 milioni su beni immobili e quote societarie. La principale attività del business era riciclaggio di ingenti somme di denaro sporco ricavato dalla droga. Il direttore del Dac, direzione centrale anticrimine della Polizia, Franchesco Messina ha spiegato: “L’attività non nasce da notizia di reato ma da monitoraggio di attività anche imprenditoriali sul territorio che hanno portato ad attenzionare  alcuni soggetti che non sembravano far parte di organizzazioni criminali”. Il Procuratore antimafia Bruno Cherchi ha ribadito: in Veneto non si parla più di infiltrazione della ‘Ndrangheta, ma di presenza radicata. “In Veneto ci sono poche ipotesi di usura e attività violenta. Ci sono contatti con la pubblica amministrazione che sono nuovi per il Veneto. È una situazione molto pericolosa e allarmante. Un segnale d’allarme che al di là delle indagini dovrebbe interessare e allarmare tutti, anche la società civile. Significa che c’e la possibilità di un contatto tra la struttura politico amministrativa e la criminalità organizzata”.

(Foto di Damien Meyer, da Getty Images)

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Ma anche se in misura minore, quello emerso dall’inchiesta è anche un quadro di illeciti violenti. Un quadro in cui riappare anche l’ombra della sanguinosa mafia vecchio stampo, la mafia regolatrice di conti. Tra le prove, anche stralci di conversazioni colti attraverso le intercettazioni. Le conversazioni effettuate tra gli indagati compaiono, infatti, tra le carte d’inchiesta a Verona per associazione mafiosa. Tra le frasi più eloquenti, riportate dal Messaggero: “Io ho anche il tirapugni…”. “Con il tirapugni ? Lo ammazzi… Io ho paura che che con il tirapugni lo ammazzi”. In una conversazione a due, di cui uno è Nicola Toffanin, vicinissimo al boss Giardino, ci si spinge fino a parlare dei “benefici” del taser: “Quello lì per rompere i legamenti è micidiale”.

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Francesca Businarolo, presidente della Commissione Giustizia della Camera e deputata M5s commenta l’evoluzione delle indagini: “Sapevamo che la ‘Ndrangheta era presente a Verona ma mai avremmo pensato che il radicamento delle cosche fosse tale da poter costituirne una locale autonoma e indipendente, come emerge dalle indagini di Venezia e delle Squadre Mobili di Verona e Venezia. Preoccupano, in particolare, i possibili collegamenti con la politica locale, in particolare con l’importante azienda del Comune di Verona, l’Amia, e con l’ex sindaco Tosi, che risulta indagato”. Businarolo guarda in faccia la realtà, e ribadisce che ormai l’infiltrazione della ‘Ndrangheta in Veneto è diventata troppo palese per esser ignorata. “Notizie inquietanti, che dimostrano la presenza ormai innegabile della criminalità organizzata anche in Veneto. Già Verona ha subito uno choc dalle indagini relative al caso di Domenico Multari, il boss che vantava una lunga fila di imprenditori e non veronesi fuori casa per la richiesta di favori”. Poi i dovuti riconoscimenti: “Grazie a magistrati e forze dell’ordine per aver portato a segno una operazione che consente di mettere in sicurezza i settori economici più fragili e più esposti al ricatto mafioso e la stessa Pubblica amministrazione”.

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