23 arresti a Verona e provincia. Operazione della Dda Venezia contro una struttura riconducibile al clan di Isola Capo Rizzuto
E’stata scoperta la “locale” di ‘Ndrangheta a Verona e nella sua provincia riconducibile alla cosca calabrese degli “Arena-Nicoscia” di Isola Capo Rizzuto. Ventisei persone indagate alle quali in mattinata la polizia ha notificato le ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’operazione condotta da oltre 200 uomini. 17 in custodia cautelare in carcere, 6 ai domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’accusa è di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti. Le indagini si sono svolte tra il 2017 e il 2018 dalla Procura distrettuale del Tribunale di Venezia. A capo un gruppo di investigatori della prima divisione del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Polizia e dai poliziotti delle squadre di Verona e Venezia.
Attualmente non ci sono dettagli sull’operazione ma saranno resi noti dal Procuratore distrettuale antimafia di Venezia nel corso di una conferenza stampa programmata per le 11 al Palazzo di Giustizia e alla quale prenderanno parte anche il Direttore centrale anticrimine e il direttore dello Sco.
Operazione “Mago”
Sempre in data odierna, i Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno sequestrato dei beni per un valore di oltre 2 milioni di euro, appartenenti a imprenditori contigui al clan di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi.
Il provvedimento è partito da un approfondimento sulla posizione di Luigi Ferruccio Bevilacqua arrestato nel 2015 nell’ambito dell’operazione “Hydra” per usura, intestazione fittizia di beni ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Nel 2009 fu definito “colletto bianco”, usuraio e riciclatore vicino ai Mancuso e si trasferì dalla Calabria a Roma per scontare la misura dell’obbligo di dimora. I proventi erano stati reinvestititi in bar, ristoranti, pescherie e rivendite di orologi. Il tutto fu sequestrato nonostante la titolarità fosse stata coperta utilizzando dei prestanome.
Il sequestro ha riguardato beni riconducibili a Bevilacqua ed ai suoi due figli, Renato e Alessandro, anche loro arrestati nel 2015. Il provvedimento ha riguardato 9 unità immobiliare nella capitale, 14 lingotti d’oro del peso di 5kg, 4 automezzi e disponibilità finanziarie per un valore di 2 milioni di euro.