L’ex presidente della Consulta Valerio Onida si espone sul caos che sta investendo la giustizia, e più in particolare il Csm. Per evitare problemi di scambio di nomine o ingerenze politiche, secondo Onida: “I politici dovrebbero rimanere rigorosamente estranei alle scelte che fa il Csm, tanto più quando si tratta di un politico che è a sua volta magistrato”.
E’ da tempo, ormai, che l’inchiesta di Perugia sta mettendo in ginocchio il Csm e la sua autorevolezza. Simbolo della bufera che ha investito le procure è stato Luca Palamara, ex membro Csm inizialmente accusato di essere al centro di un giro di scambio di nomine. Poi le chat tra Palamara e Auriemma, intercettazioni pubblicate dalla Verità risalenti al 2018, in cui i due magistrati si dicevano legalmente d’accordo con l’allora ministro degli Interni Matteo Salvini, promotore del decreto Sicurezza, ma comunque intenti ad attaccarlo. In sostanza, sono tante le criticità del Csm che, procedendo su binari diversi, ultimamente ne mettono sotto accusa l’operato.
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Ora l’ex presidente della Consulta Valerio Onida dice la sua sulla crisi del Csm: “I politici dovrebbero rimanere rigorosamente estranei alle scelte che fa il Csm, tanto più quando si tratta di un politico che è a sua volta magistrato, magari esponente di punta di una corrente, collocato fuori ruolo perché ha assunto un ruolo politico, di parlamentare o di membro del governo”. Secondo Onida le correnti della magistratura devono “agire come aggregazioni culturali, e non come gruppi di potere”. E ancora: i consiglieri laici del Csm dovrebbero comportarsi come i giudici della Consulta, “rispondere solo alla Costituzione e alla loro coscienza, non agli schieramenti politici che li hanno indicati”. In sostanza, Onida ribadisce principi ormai assodati, come la separazione dei poteri. Ma, evidentemente, è bene ricordarli: la realtà non sempre ha permesso una limpida applicazione della teoria. Il punto sarebbe allora indirizzare in maniera adeguata e legittima le correnti, non renderle strumenti al servizio della politica.
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Onida commenta, nello specifico, anche il caso Palamara: “Sembrano emergere fatti gravi: una modalità di scelta dei titolari di incarichi direttivi guidata da trattative fra correnti e da interlocuzioni con esponenti politici, più che da un esame spassionato dei meriti e delle attitudini”. Le nomine dei capi degli uffici “non dovrebbero esser affatto politiche nel senso usuale, e dunque ogni interferenza o tentativo di influenza da parte di esponenti politici o guidato da criteri politici su singole scelte è del
tutto improprio e gravemente scorretto”. Dal canto suo, Palamara in un’intervista a Non è l’Arena ribadisce, quanto all’accusa che gli veniva mossa in origine, nell’inchiesta di Perugia, di aver preso 40 mila euro per facilitare una nomina: “L’accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l’hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c’è nessun atto contrario ai doveri d’ufficio”.
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Intanto Onida sottolinea che un modo c’è, per evitare ingerenze politiche all’interno della magistratura: “C’è un organo politico, vale a dire il ministro della Giustizia, che per legge è chiamato a esprimere il suo ‘concerto’ sulle proposte di nomina dei capi degli uffici. Naturalmente non dovrebbe introdurre proprie preferenze di parte, ma potrebbe far valere le proprie valutazioni sulle capacità e attitudini organizzative e direttive dei candidati”.
E nel frattempo, in tal senso, arriva anche una delle ultime bozze per la riforma del Csm, una proposta che la prossima settimana sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri. L’idea è di introdurre una nuova regola: non potranno provenire né dal governo né dal parlamento i componenti laici del Csm. Il progetto ha subito un’accelerazione proprio in virtù degli ultimi scossoni che hanno coinvolto il Csm. E’ lo stesso presidente della Repubblica Mattarella ad avallare l’esigenza di un cambiamento. Tanto che in una nota del Quirinale ha già affermato: “Il Presidente della Repubblica ha già espresso a suo tempo, con fermezza, il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso, non appena è apparsa in tutta la sua evidenza la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati. Il Presidente della Repubblica ha, in quella stessa sede, sollecitato modifiche normative di legge e di regolamenti interni, (…) augurandosi che il Parlamento provvedesse ad approvare una adeguata legge di riforma delle regole di formazione del Csm”.