Viene messo in discussione il decreto con cui il ministro della giustizia ha deliberato il ritorno in carcere dei boss che avevano chiesto i domiciliari.
Colpo di scena per quanto riguarda il tanto discusso decreto Bonafede. Il testo con cui il ministro della giustizia aveva deliberato il ritorno in carcere per i boss detenuti e che avevano ottenuto la scarcerazione a causa dell’emergenza Coronavirus, viene messo in discussione. In particolare, come si apprende da Adnkronos, la contestazione arriva dal giudice di sorveglianza del Tribunale di Spoleto. Nel mirino c’è il decreto Bonafede, con in ballo una questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice del tribunale umbro. E l’accusa che è emersa è piuttosto forte.
Fabio Gianfilippi, giudice di sorveglianza del tribunale spoletino, sostiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di un articolo del decreto Bonafede. Si parla dell’articolo 2, “nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da Covid-19”. Sulla base di questa sottolineatura, Gianfilippi ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale, che dovrà dunque prendere una decisione.
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Il giudice di sorveglianza Gianfilippi ha trasmesso gli atti anche al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai presidenti delle camere, Fico e Casellati. In questa lunga ordinanza avviata contro il decreto Bonafede, il giudice ha anche usato un caso come esempio. Si tratta della situazione di un detenuto condannato a 5 anni di reclusione ma poi finito agli arresti domiciliari. L’uomo è stato sottoposto a un trapianto di organi. Ciò è avvenuto, come si legge dagli atti, “per la necessità di continuare il trattamento con immunosoppressore e immunoglobuline anti-Hbv”. Il detenuto è stato considerato soggetto a rischio per l’emergenza Covid.
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Dopo la richiesta del suo legale, l’uomo è stato scarcerato e mandato agli arresti domiciliari. Tuttavia, dopo l’applicazione del decreto Bonafede il detenuto è stato rispedito in carcere dopo che il magistrato di sorveglianza ne ha revocato i domiciliari. Dunque Gianfilippi, dopo aver letto tutto il decreto articolo per articolo, ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, inviando gli atti in consulta. Dunque viene messo nuovamente in discussione l’operato del ministro della giustizia, in un periodo per lui già abbastanza caldo.
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