Oltre 300 arresti tra i manifestanti tornati in piazza per protestare contro la legge sulla sicurezza che aumenterà il controllo di Pechino.
Una situazione drammatica che ha portato ad un bilancio tragico: almeno trecento sono le persone arrestate a seguito delle proteste a Hong Kong contro la legge sull’inno nazionale, in discussione all’Assemblea Legislativa, che potrebbe accrescere i poteri di Pechino. Già dalla serata di ieri, il palazzo era circondato dagli agenti, che hanno eretto barriere e bloccato strade per impedire l’accesso ai manifestanti pro-democrazia. La legge prevede fino a tre anni di carcere per chiunque insulti o si mostri irrispettoso verso l’inno cinese. I manifestanti non ci stanno e tengono alta la tensione: c’è grande dissenso per la legge sulla sicurezza nazionale nella città, la cui approvazione è attesa domani da parte dell’Assemblea Nazionale del Popolo, l’organo legislativo del parlamento cinese, e che ha destato critiche da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea. I manifestanti si sono ribellati e su di loro sono stati sparati pallini urticanti. “Liberare Hong Kong! Rivoluzione del nostro tempo” e “indipendenza, unica via d’uscita”, sono stati alcuni degli slogan. A Mong Kok un taxi ha cercato di forzare il blocco stradale dei manifestanti, senza riuscirvi, e sulle strade sono apparsi anche i cannoni ad acqua, già usati domenica scorsa per disperdere la folla che protestava con la legge sulla sicurezza nazionale.
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La situazione appare fuori controllo e assolutamente pericolosa. Taiwan ha mostrato il suo sostegno ai manifestanti. La presidente, Tsai Ing-wen, ha annunciato un piano “umanitario” per quelli che decideranno di trasferirsi sull’isola che Pechino rivendica come parte integrante del proprio territorio. “Continueremo a sostenere la determinazione del popolo di Hong Kong a combattere per la democrazia e la liberta’”, ha esordito Tsai, dimostrando il sostegno ai manifestanti già annunciato nei giorni scorsi. La presidente è preoccupata perché all’aumentare di proteste e arresti corrisponde un peggiorare della situazione anche per Taiwan impensierita dalla legge sulla sicurezza. Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha dichiarato al Congresso che Hong Kong non gode più dell’autonomia promessa da Pechino, che ha rivisto così lo status commerciale della ex colonia britannica. “Nessuna persona ragionevole può asserire che oggi Hong Kong mantiene un alto grado di autonomia dalla Cina, visti i fatti sul campo”, ha detto aggiungendo: “Prendo questa decisione senza alcun piacere – ha detto Pompeo – ma una politica estera sana esige che si riconosca la realtà. E’ ormai chiaro che la Cina sta plasmando Hong Kong a immagine e somiglianza di se stessa”. D’altra parte dalla Cina fanno sapere di non avere intenzione di ammettere nessuna interferenza esterna, non dopo che il Presidente Donald Trump aveva minacciato provvedimenti molto forti a seguito dell’approvazione della legge sulla sicurezza.