Zara Abid
La modella pachistana è tra le vittime dell’incidente aereo di Karachi, in Pakistan. Su di lei e sul suo destino dopo la morte si scatenano le assurde previsioni dei religiosi più radicali.
Una giovane donna – 28 anni – nel pieno della sua vita e della sua carriera di modella ed attrice. Questa era Zara Abid, una delle vittime del disastro aereo di Karachi, in Pakistan, di venerdì scorso. Un dramma nel dramma: perchè su di lei si è scatenata una vergognosa polemica montata dall’ala più radicale dei religiosi islamici pakistani che attaccano la giovane vittima per i cuoi “costumi morali”. Mostrava il suo corpo, si esibiva: ora andrà all’inferno. E’ questo il tenore dei commenti, in un paese profondamente religioso ma anche altrettanto spaccato, con una parte della società moderna ed emancipata ed un’altra – appunto – che vuole sopprimere le libertà individuali e collettive nel nome della morale. La modella pakistana Zara Abid è diventata dunque, forse suo malgrado, un simbolo. Tutto inizia quando, venerdì scorso, un aereo in fase di atterraggio nell’aereoporto di Karachi perde due motori e precipita su un popoloso quartiere della città. 97 le vittime, almeno quelle individuate fino ad oggi. Tra loro Zara Abid, giovane e bellissima modella pakistana, che era nel pieno della sua carriera. Aveva infatti vinto dei premi, e stava lavorando con i maggiori stilisti di Islamabad. A breve avrebbe addirittura girato il suo primo film: una donna famosa, certo, ma che era una vittima, come tutte le altre. Eppure, mentre ancora si contavano i morti, su internet già esplodeva una assurda ed inquietante polemica sul “futuro” di una giovane donna che aveva appena perso la vita. Andrà in paradiso o all’inferno? Questo il dibattito, che evidentemente fa riferimento alla moralità ed ai costumi di una ragazza che stava costruendo la sua vita ed inseguendo i suoi sogni.
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Un dibattito surreale, quello sul destino “ultraterreno” di Zara. Che, probabilmente, vuole condizionare la realtà e dare un ammonimento alle tante ragazze che l’avevano presa come modello: perchè bellissima, perchè determinata. Quando si è diffusa la notizia che tra le vittime del disastro aereo c’era anche lei, Zara, i social hanno iniziato a riempirsi di commenti che la riguardavano. Alcuni di tristezza, cordoglio e ricordo, ma altri invece quasi di soddisfazione: la tragedia era una sorta di “punizione divina” che la giovane aveva meritato per i suoi “facili costumi”. La religione è un elemento molto presente e diffuso in tutta la società pakistana: e dunque, mentre amici stilisti e fans di Zara consolavano i familiari pensandola dopo la morte «più vicina a Dio», i musulmani radicali invece la descrivevano in viaggio verso l’inferno: «Sbaglia chi vede in paradiso tutti coloro che sono periti nello schianto – c’era scritto in un commento – Allah non ama le donne che mostrano parti del corpo in pubblico». E’ quindi partito un botta e risposta che vedeva da una parte donne e uomini che si indignavano per i commenti di natura estremista e difendevano il ricordo di Zara, ai quali di nuovo rispondevano i religiosi più oltranzisti. Un “flame” che qualcuno ha provato a spegnere: «Una giovane donna ha avuto in sorte una morte orribile, e la nostra nazione è intenta a dibattere se sia in paradiso o all’inferno?». La realtà è che Zara è diventata il simbolo di una società pakistana che da una parte spinge verso la modernità, e dall’altra è ancorata ad una religiosità diffusa e tradizionalista. Una giovane donna determinata che ora, dopo la tragica morte, andrebbe lasciata in pace.
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