La crisi si inserisce in un quadro già critico per l’Italia che, piegata dal lockdown, rischia di assistere a una crisi pervasiva in diversi settori. Un’eccessiva fuga di capitali potrebbe dare il colpo di grazia. Tant’è che il Ceo di Banca Intesa, Carlo Messina, in un’intervista al Sole 24 Ore ha affermato: “Ci sono ancora 100-200 miliardi di euro dei risparmiatori italiani fuori dall’Italia. Ora è arrivato il momento di farli rientrare. I possessori potrebbero così dimostrare di credere nel proprio paese”. L’idea è di attirare nuovamente i capitali ormai fuori dall’Italia, per consentire un loro reinvestimento e, dunque, una preziosa iniezione all’economia italiana. Stando ai dati dell’Agenzia delle Entrate, infatti, l’ultima voluntary disclosure ha fatto emergere nel 2015 quasi 60 miliardi di euro detenuti dagli italiani all’estero. Di questi, ben il 70% (circa 41,5 miliardi) era depositato in Svizzera, il 7,7% nel Principato di Monaco, il 3,7% alle Bahamas, il 2,3% a Singapore, il 2,2% in Lussemburgo e l’1,9% a San Marino. Dai nuovi modelli Ocse invece emergono altri dati, ancor più alti: sarebbero 85 i miliardi di euro depositati dagli italiani nelle banche estere. Tuttavia, è necessario ricordare, si tratta sempre di cifre con un largo margine di errore. Per una serie di motivazioni politiche, economiche, fiscali e finanziarie è difficile fare una stima esatta della portata del fenomeno.
Tuttavia, esistono delle stime attendibili, per quanto possibile, ed è bene dirle. Secondo uno studio del Dipartimento per la fiscalità generale e l’unione doganale della Commissione europea, la quota di soldi nascosti dai contribuenti italiani nei paradisi fiscali sembra altissima: 142 miliardi di euro. Si tratta di circa l’8,1% del Pil. Inoltre, la cifra diventa sempre più esorbitante se si pensa che dal conteggio restano esclusi gli immobili, i contanti, le criptovalute, le opere d’arte, i diamanti, l’oro, le auto di lusso, gli oggetti di antiquariato e le polizze vita.
Fabio Di Vizio, sostituto procuratore a Firenze, fornisce la testimonianza della sua esperienza personale su un presunto aumento della fuga dei capitali: “La mia sensazione è che ci sia un deflusso costante di risorse. La tendenza mi sembra abbastanza marcata e netta”. Anche l’ex ministro delle Finanze Visco dice la sua: “So che hanno ripreso a circolare valigie piene di soldi ma la cosa che non mi spiego è come vengano fatti sparire, visto che prima o poi questi soldi dovranno approdare in qualche banca”. Insomma, la fuga di capitali dall’Italia avviene anche nei modi più torbidi. Come ricorda Caputo, un’altra richiesta tipica degli italiani, soprattutto di recente, “è quella dell’oro fisico, da conservare fuori dal sistema bancario, in cassette di sicurezza. Comprano lingotti piccoli e monete d’oro di un’oncia, come asset protection. Non vogliono acquistare oro dalle banche, ricevendo in cambio un certificato di carta, vogliono l’oro vero”. Il sistema è semplice: con i soldi contanti ritirati in Svizzera si acquista direttamente oro fisico. L’oro viene depositato nelle cassette di sicurezza non controllate da banche. E’ un ottimo modo per far sottrarre i lingotti a qualsiasi radar di sorveglianza, mantenendo l’anonimato.
Ad ogni modo, proprio per questo il Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco è passato al contrattacco. Ha costituito un pool di magistrati interessati esclusivamente a indagare su 220 banche estere sospette. Le banche avrebbero concesso mutui ai cittadini italiani senza versare nessuna ritenuta alla fonte. Dall’inchiesta, partita nel 2019, si iniziano a ottenere i primi risultati: più di 150 milioni di euro sono stati versati dalle banche straniere al fisco italiano. I flussi di capitale sommerso valgono circa 3 miliardi di euro. Ora queste cifre sono emerse, e diventano imponibili. In sostanza, più soldi nelle casse dello Stato grazie alla lotta all’evasione. Il pool si concentra ora anche sull’esistenza di strutture come trust, fondazioni, società anonime. Tutte realtà fiscalmente ambigue, create per nascondere i capitali all’estero e mantenere l’anonimato di fronte a controlli fiscali.
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