Coronavirus, stop all’idrossiclorochina al di fuori degli studi clinici

L’Aifa – l’Agenzia Italiana del Farmaco – ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo: troppi rischi a fronte dei pochi benefici.

L’Agenzia Italiana del Farmaco ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina per il trattamento del COVID-19 al di fuori degli studi clinici condotti in in ospedale o a domicilio. Uno dei farmaci che, per oltre due mesi, è stato indicato utile nel combattere le conseguenze del coronavirus, ha evidenziato delle criticità. Secondo l’Aifa nuovi dati clinici  sull’utilizzo del farmaco, indicano un aumento di rischio per reazioni dannose a fronte di benefici scarsi o addirittura assenti. L’Agenzia, inoltre, non ha mai autorizzato l’utilizzo di idrossiclorochina a scopo preventivo.

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L’utilizzo di questo farmaco viene adesso escluso dalla rimborsabilità. Viene anche espressa una raccomandazione: l’eventuale prosecuzione di trattamenti già avviati deve essere affidata alla valutazione del medico curante. L’idrossiclorochina, in assenza di una indicazione terapeutica specifica per il COVID-19, era stata resa disponibile a carico del SSN tenendo “conto di evidenze scientifiche preliminari su pazienti COVID e a fronte di un profilo di tossicità che appariva consolidato sulla base degli usi clinici autorizzati per il trattamento cronico delle malattie reumatiche”.  L’agenzia del farmaco segnala anche che, sulla base delle evidenze attualmente disponibili, non sussistono elementi concreti che possano modificare la valutazione del rapporto rischio/beneficio per le indicazioni già autorizzate (artrite reumatoide in fase attiva e cronica e lupus eritematoso discoide e disseminato). I pazienti con patologie reumatiche in trattamento con idrossiclorochina possono pertanto proseguire la terapia secondo le indicazioni del medico curante”. 

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