L’emergenza epidemiologica da Covid–19 e il conseguente lockdown hanno incentivato gli italiani al risparmio. Nonostante la crisi siamo più ricchi.
Le famiglie italiane preferiscono risparmiare
Durante la quarantena si è registrato un aumento considerevole dei depositi bancari in tutta Europa, fatta eccezione per la ricchissima Germania, come riportato dal Financial Times. L’Associazione Bancaria Italiana, Abi, ha confermato che gli italiani hanno conti correnti più ricchi in piena crisi economica. L’emergenza sanitaria ha causato un arresto delle attività produttive. Le restrizioni per contenere la diffusione del virus hanno imposto la chiusura delle attività commerciali. Ne consegue una crisi economica dalla portata immane, ma le famiglie italiane sono più ricche:i saldi bancari sono infatti cresciuti del +30 miliardi di euro rispetto al periodo pre-Covid19. Gli italiani hanno in media sui conti correnti 18.753 euro. Quello che appare come un vero e proprio paradosso è invece una “ovvia” conseguenza della crisi finanziaria.
LEGGI ANCHE—>Bambini a scuola e obbligo di mascherina, perchè gli esperti la chiedono
LEGGI ANCHE—>Nessun pericolo per il debito pubblico dell’Italia, dice Unicredit
Italiani più ricchi durante l’emergenza Coronavirus
Gli italiani sono più ricchi in in pena crisi economica. Ma come è possibile? L’incremento è dovuto al fatto che durante la fase 1 sono stati in moltissimi a percepire il reddito, nonostante il blocco delle attività. Si sono registrate quindi entrate “standart” ma gli italiani hanno potuto spendere limitatamente. Chi ha continuato a percepire lo stipendio ha preferito però risparmiare. Certo, si fa riferimento a chi non ha avuto necessità di attingere completamente del reddito in entrata per affrontare la crisi. I dati dell’ Abi permettono di fare un’ulteriore considerazione.Se i depositi degli italiani nel 2019 sfioravano 1.518 euro, sta a significare che in un solo anno sono cresciuti di +100 miliardi. Un vero e proprio record. Una trend che si è registrato in tutta l’Europa, esclusa la Germania, secondo i dati della Banca Centrale Europea e della Banca d’Inghilterra.