Ancora redditi di cittadinanza percepiti senza alcun diritto e finiti nelle tasche delle persone sbagliate: 18 arresti nel Reggino.
Serve un controllo più attento a monte: una regola che impedisca a chiunque di prendere il reddito di cittadinanza; una legge che favorisca chi ne ha davvero bisogno. Nell’ambito dei sussidi sociali, non di rado, false certificazioni e truffe, consentono a soggetti privi dei requisiti di ottenere denaro pubblico, con evidente danno economico e sociale per la collettività, togliendo le risorse a chi ne avrebbe veramente bisogno. E’ quanto accaduto nel Reggino dove nelle ultime ore si sono verificati 18 arresti. L’operazione, denominata “Dike”, dalla mitologia greca “Dea della Giustizia”, ha permesso di evidenziare una serie di irregolarità a carico dei furbetti, con un danno erariale complessivo stimato in circa 50.000 euro, che i carabinieri hanno segnalato all’autorità giudiziaria di Palmi, diretta dal procuratore capo Ottavio Sferlazza, e ai competenti uffici dell’Inps, che hanno immediatamente interrotto l’elargizione del sussidio. Il caso più assurdo è quello di una donna, moglie di un boss della ‘ndrangheta, che, nella documentazione prodotta, ha “dimenticato” di fare menzione della situazione. Il marito sarebbe risultato ancora a carico nonostante fosse in carcere da 6 anni per una condanna definitiva per associazione mafiosa e sottoposto al regime restrittivo previsto dal 41bis. Per quanto riguarda gli altri 17 furbetti svolgevano di fatto lavoro “in nero” in bar, ristoranti o in cantieri edili, ma anche un gestore di una officina meccanica del tutto abusiva, con diverse autovetture in attesa, e il proprietario di un salone di parrucchiere.
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Più complessa la vicenda che ha riguardato due coniugi, separati da tempo, in cui l’uomo si è visto bocciare più volte la richiesta di reddito di cittadinanza in quanto inserito fittiziamente nel nucleo famigliare indicato nei documenti dalla ex moglie, a sua volta richiedente il sussidio. Non solo, c’è anche chi ha deciso di mentire sulla residenza: dalla cittadina che, nata, cresciuta e residente in altra regione del nord Italia, ha dichiarato falsamente di vivere in un comune della Piana di Gioia Tauro, ai cittadini romeni che hanno “aumentato” gli anni della residenza in Italia, da 2 a 10, in modo da poter ottenere il reddito. C’è stata anche una persona nota per i suoi
precedenti che non solo ha falsificato il reale domicilio, ma negli atti compilati ha indicato come residenza un rudere inabitabile e in stato di abbandono. Un vero e proprio circolo di abusivi che sono stati riconosciuti colpevoli dai controlli delle volanti. I controlli sui percettori dei redditi di cittadinanza da parte dei carabinieri continueranno in tutta la provincia di Reggio Calabria al fine di contribuire a una giusta normalizzazione dell’elargizione del reddito di cittadinanza a chi ne ha davvero bisogno.