La sorella di Giovanni vede ancora nella commemorazione del fratello un momento di crescita culturale. “Non bisogna pensare che la mafia è vinta, perchè è ancora presente”, dichiara Maria Falcone.
Quella di domani sarà una data speciale e ancora dolorosa per chi vorrebbe un’Italia libera dalle mafie. Il 23 maggio di 28 anni fa, infatti, in un attentato nell’autostrada Palermo-Trapani all’altezza di Mazara del Vallo, moriva Giovanni Falcone. Insieme a lui, fatti esplodere mentre transitavano a pochi chilometri dal capoluogo siciliano, persero la vita la moglie Francesco Morvillo e gli agenti di scorta. Una giornata ancor più particolare a causa del fatto che l’emergenza Coronavirus e le conseguenti restrizioni vieteranno i cortei per le strade della città, che vuole comunque ricordare uno dei propri eroi divenuti martiri.
E così, per Maria Falcone anche quella di domani sarà una giornata particolare, anche se non sarà corredata dal consueto corteo per le vie di Palermo e a ridosso dello svincolo di Capaci. Anche perchè la morte del fratello, di Francesca Morvillo e degli agenti di scorta è una ferita ancora aperta: “Sono passati 28 anni ma per me è come se fosse ieri. E non solo perché Giovanni era mio fratello, ma per l’attualità di quello che ha fatto, di quello che ha detto, il suo essere all’avanguardia, ancora oggi, nella lotta alla mafia. La sua ‘modernità’ è davanti agli occhi di tutti. Non bisogna pensare che la mafia è vinta, perchè è sempre presente”.
Leggi anche -> Petralia: “Sarò capo orgoglioso del Dap e della polizia penitenziaria”
Leggi anche -> Don Luigi Ciotti: “Ingiustizie e mafia si combattono con la regolarizzazione dei migranti”
Secondo la sorella di Giovanni Falcone, uno dei capisaldi della lotta contro la mafia è la conferma del regime di 41 bis. Qualcosa che può sembrare troppo rigido per boss che hanno ormai una certa età, ma è anche una sofferenza necessaria per chi ha operato con crudeltà e calcolo: “Il 41bis non è una cattiveria o qualcosa che va contro il garantismo del nostro sistema. E’ una necessità. Il boss deve essere isolato, altrimenti mantiene il comando. Il mafioso che può comunicare con l’esterno, anche se è agli arresti domiciliari, peggio ancora se sul suo territorio, è un boss che mantiene il potere, che mantiene la possibilità di dare ordini”.
Leggi anche -> Roma, sequestrati 43 milioni alle aziende alberghiere per frode fiscale
A Maria Falcone viene anche chiesto cosa ne pensa della mancata nomina di Di Matteo a capo del Dap. Lei si è fatta un’idea: “Non sono nella mente degli altri, ma è chiaro che la mafia non vuole personaggi scomodi. E chi ha una storia di lotta alla criminalità organizzata sicuramente non è amato dai mafiosi. Giovanni diceva sempre che la cosa che la mafia teme di più è il carcere”. Sarà in ogni caso un 23 maggio diverso, più interattivo. Quello che Maria Falcone definisce un filo che collega chi lotta per la mafia “a quello di tanti medici, infermieri, forze dell’ordine, protezione civile, che in questi mesi hanno lottato contro un nemico invisibile per salvare vite”.
Il Torino di mister Vanoli è partito molto bene in Serie A e, nonostante le…
Dai fasti degli anni '90 e dei primi 2000 sembra passata un'eternità. Ormai da più…
Quali sono le aziende che garantiscono il miglior servizio per la luce e il gas…
Anticipazioni sulle prossime puntate della soap di Rai Uno Il Paradiso delle Signore 9: crisi…
Quando si parla di detergere il viso sono molti a commettere errori banali che compromettono…
Le anticipazioni sulla puntata del 15 ottobre di Temptation Island rivelano diversi colpi di scena:…