Semplificare la normativa sugli appalti per far ripartire l’economia e salvare le aziende: per Graziano Delrio non è la strada giusta da percorrere.
Rendere più snella la normativa sulla assegnazione degli appalti per dare una scossa all’economia e permettere a tante imprese di salvarsi e ripartire. Questo uno dei programmi che si è dato il governo: per farlo, l’idea è mettere mano all’impianto di provvedimenti che attualmente regola il settore: il “codice Delrio”. Ma per colui che ha dato il nome a quelle norme, Graziano Delrio – attualmente capogruppo del PD alla Camera, nella scorsa legislatura Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – non è questa la modalità giusta per gestire la situazione. «Lasci stare i nomi. Qui la faccenda è più seria della paternità di quelle regole. Il dibattito non si basa su dati reali» spiega nel corso di una intervista: «Siamo dentro una crisi senza precedenti, c’è bisogno di salvare aziende, investimenti, persone. Ma la soluzione non passa dalla riscrittura delle regole sugli appalti». Per ripartire non è necessario smontare le leggi esistenti e renderle meno “ingombranti”. Anzi: per Delrio il problema non è l’eccesso di legge: «C’è stato un eccesso di corruzione. Il codice è per l’ottanta per cento frutto di regole europee che hanno semplificato, non complicato il quadro. Dire che quel codice ha bloccato le opere è pura demagogia. Quasi tutti i cantieri incompiuti sono figli della legge obiettivo di Berlusconi, esattamente il modello al quale non dobbiamo mai più ispirarci». Per il capo dei deputati PD semplificare tutto il semplificabile è, paradossalmente, il modo migliore per non favorire la rapidità nell’assegnazione dei progetti e nella realizzazione dei cantieri: «Gli appalti semplificati sono cresciuti di meno della metà di quelli partiti con il codice. Se prevale il principio per cui si ha fretta di fare, se i cantieri aprono senza progetti adeguati, il risultato è l’aumento dei costi e dei contenziosi e l’unica cosa che non arriva in fondo sono le opere: con la legge obiettivo si realizzò un decimo di quanto promesso». La strategia di Delrio sarebbe un’altra: «Primo: in Italia le ditte che realizzano i grandi appalti pubblici non stanno in piedi. C’è una scelta che ho condiviso con il precedente governo: il sostegno all’operazione Astaldi-Salini. Occorrono tre o quattro campioni nazionali. Secondo: ci sono troppi contenziosi. Terzo: vanno rafforzate le stazioni appaltanti, ovvero chi è chiamato ad approvare le opere. Il nemico è la burocrazia». La storia delle realizzazioni di grandi appalti, in Italia, negli ultimi anni ha avuto – forse – un esempio pratico di gestione: il Ponte di Genova. Che però, per Delrio, è una storia a sè: «E’ un modello non replicabile. A Genova si è fatto in fretta perché si è derogato su tutto, perché si doveva ricostruire un ponte esistente, perché c’è stato un architetto che ha messo a disposizione un progetto gratuitamente e si è lavorato giorno e notte».
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E quindi, per Delrio, le cose da fare sono altre: «Mi permetto di dare qualche suggerimento. Invece di abolire l’Anac, la si metta nelle condizioni di accelerare le procedure. Dimentichiamo che spesso nei Comuni, nelle Province, nelle Regioni manca il personale adeguato. Ora abbiamo da Anac un modello di bando di “gara tipo”: questo è un buon punto di partenza. Se si vuole abolire qualcosa, si elimini il Cipe a Palazzo Chigi (Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr). Capita che per una sua autorizzazione passino mesi. Le Infrastrutture fanno il piano delle opere con il Tesoro? Lo si approvi in Consiglio dei ministri e via. L’importante è la certezza dei finanziamenti». Insomma, forse il “Codice Delrio” cos’ male non è, dal punto di vista della capacità di rendere semplice il processo di assegnazione degli appalti e poi la verifica della corretta realizzazione dei cantieri: anche perchè, secondo Delrio, i governo avrebbe l’intenzione di introdurre un regolamento attuativo del codice composto da 300 articoli: semplificare aggiungendo. Forse sarebbe meglio semplificare le procedure: «In alcuni casi sì» prosegue Delrio: «Penso alle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Spesso si perde tempo in attesa delle autorizzazioni dei vari enti. In quel caso si può procedere con il silenzio assenso». Insomma, il codice di assegnazione degli appalti che porta il suo nome, per Delrio tutto sommato funziona: «Parlano i numeri: come mai i bandi ad aggiudicazione pubblica crescono mentre quelli con procedura di emergenza sono realizzati al quindici per cento? Bisogna semplificare, non delegificare. Quando è necessario si introducano regole ad hoc. Ma una cosa è — come abbiamo fatto per il cantiere della Napoli-Bari — nominare un commissario che agisce seguendo le regole riducendo tempi. Altro è — come si è fatto per quanto lecitamente a Genova — agire fuori dalle regole». Insomma: rendere semplice la gestione degli appalti per far ripartire in fretta l’economia può non coincidere, per forza, con la delegificazione e l’abolizione delle regole. Anche perchè, secondo Graziano Delrio, i numeri parlano a favore di quello che è stato fatto negli ultimi anni, proprio attraverso l’applicazione del “suo” codice: «Dalla seconda metà del 2016 in poi i bandi sono in costante aumento, e lo sanno i colleghi del M5S che contribuirono in Parlamento ad approvare il Codice. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Tutti i numeri che le ho citato sono sul suo tavolo». Sarà a questo punto il governo a valutare se sono i numeri che servono in questo complicatissimo momento.
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