Si assiste a un drastico calo degli sbarchi dei migranti forzati nell’anno 2019 in Italia: un calo pari al 90% di quelli che sono stati gli arrivi nel 2017. Può quindi considerarsi finita l’emergenza dell’immigrazione? Secondo quanto riportato da un ultimo report sembra proprio di no.
“Mentre esce il rapporto annuale del Centro Astalli, il mondo è attraversato da una gravissima crisi sanitaria che mette in discussione stili di vita, relazioni e visione del futuro”. Con queste parole si apre il Rapporto annuale del Centro Astalli per i Rifugiati, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati attivo in ben 40 nazioni.
Il rapporto, che è stato di recente pubblicato sul sito ufficiale, “descrive un anno, il 2019”, passato “al fianco di rifugiati e richiedenti asilo, con dati e statistiche sui servizi offerti alle 20.000 persone incontrate (di cui 11.000 a Roma)”.
Secondo quanto viene riportato nel documento, allora, i numeri degli approdi in Italia paiono in drastica diminuzione rispetto agli ultimi due anni. Si legge, infatti, che nel 2019 sono arrivati in Italia 11.471 migranti, con un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione invece all’anno 2017.
Numeri che, se letti senza contesto e non interpretati, farebbero sembrare l’emergenza sbarchi pressoché finita. Ma non è così. Come spiega il Centro Astalli, infatti, i migranti non hanno smesso di muoversi via mare, quanto piuttosto vengono ormai intercettati prima che possano raggiungere le nostre coste, bloccati e sequestrati dalla Guardia costiera della Libia.
“Nel 2019 migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo. Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone”, spiega il rapporto.
Quei migranti che allora riescono a fuggire da questi “limbi” controllati e nascosti (come nel caso della prigione al confine con la Turchia), raggiungono il nostro Paese sì, ma a un prezzo molto caro. “Circa il 35% dei pazienti che si sono rivolti al SaMiFo – struttura sanitaria romana che assiste i richiedenti asilo – sono risultati vittime di tortura o maltrattamenti, di tratta, di mutilazioni genitali femminili e portatori di disturbi post-traumatici“, viene sottolineato dal documento del Centro Astalli.
Tanto che “nell’ascolto delle storie personali è emersa in maniera drammatica la rappresentazione dei centri di detenzione libici: luoghi fortemente traumatizzanti, dove torture e violenze di ogni tipo vengono esercitate quotidianamente su uomini e donne inermi, lasciando profonde ferite nei corpi e nelle menti”.
Il limbo delle carceri e dei campi, che si reggono su muri di violenza e fondamenta di soprusi, non sono poi l’unico ostacolo che i migranti devono affrontare quando decidono di affrontare la loro odissea. Una volta arrivati nel nostro Paese, ad esempio, si ritrovano in un altro limbo, dal sapore più burocratico e composto da permessi di soggiorno e documenti ancora non regolarizzati.
Sempre stando a quanto si legge nel rapporto del Centro Astalli, nel 2019 il numero di accessi al loro Centro d’ascolto di Roma in merito alla richiesta di documenti è aumentato del 29%. Un aumento di persone che, “con l’abolizione della protezione umanitaria, si sono trovate all’improvviso nella condizione di poter perdere il permesso di soggiorno“. Rispetto all’anno scorso, poi, gli utenti che si sono rivolti al servizio sprovvisti di documenti validi sono aumentati addirittura del 79%.
E numeri del genere, tra l’altro, sono riscontrabili anche nel caso degli accessi ai servizi di assistenza medica. “Circa i due terzi delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio nel 2019 non risulta iscritta al Servizio Sanitario Nazionale“, spiega infatti il rapporto. Ma nel documento viene anche sottolineato che “nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riuscite ad accedere, o hanno perso l’accesso, all’assistenza sanitaria pubblica”.
L’emergenza, allora, non è ancora finita; e anzi, i percorsi di accoglienza costruiti negli anni stanno perdendo persino di efficacia. “Un duro colpo ai percorsi di integrazione dei migranti forzati“, questo, che costringe migliaia di persone a vivere nella precarietà dei “limbi”.
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