La Rsa Trivulzio nega ancora le visite dei parenti agli aziani ospiti della struttura: giunge allora la polemica del Comitato dei famiglia, che parla di anziani “traumatizzati anche dalla solitudine”.
I numeri drammatici che il coronavirus ha macinato nelle varie strutture Rsa italiane, ha fatto sì che siano state applicate delle misure molto restrittive per evitare che i contagi continuino ad aumentare. Nel caso del Pio Albergo Trivulzio, in particolare, sono ancora bloccate tutte le visite agli anziani da parte dei loro parenti. La struttura, del resto, è al centro (insieme a un’altra ventina di istituti) delle indagini della Procura milanese sulla gestione dell’emergenza Covid-19.
Ma per il Comitato dei famigliari questa situazione è diventata insostenibile. Per quanto la struttura abbia messo in pratica il servizio di videochiamata e la chiamata di aggiornamento delle condizioni cliniche degli ospiti, secondo i parenti la Rsa non pare abbia intenzione di applicare altre misure sicurezza già in atto, invece, in altri istituti italiani.
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Visite dei parenti per combattere la solitudine: anziani “traumatizzati e disorientati”
Secondo quanto spiegato da Alessandro Azzoni, portavoce del Comitato Verità e Giustizia per le vittime del Trivulzio, è stato chiesto “alla direzione del Pio Albergo Trivulzio di approntare misure di sicurezza per consentire agli ospiti di vedere i propri parenti almeno attraverso un vetro, come avviene nelle Rsa e negli ospedali di tutto il mondo”. Dalla struttura, tuttavia, sarebbe arrivata una “risposta negativa“, che “dietro la freddezza del linguaggio burocratico, esprime disinteresse e insensibilità: una mancanza di ‘pietas’, che non riusciamo ad accettare“.
“Da troppo tempo, ormai, gli anziani soffrono senza nemmeno il conforto degli sguardi e dei sorrisi dei loro familiari “, sottolinea Azzoni. E prosegue: “Dopo le traumatiche vicende di questi mesi, al di là della presenza del personale sanitario che si è prodigato assistendoli e curandoli, tutti gli anziani sono traumatizzati e disorientati. Combattere la loro solitudine dovrebbe essere un dovere e una preoccupazione primaria da parte di una Residenza Sanitaria Assistenziale, che ha il compito di assicurare il benessere fisico e psicologico dei degenti. È risaputo che il contatto visivo con un volto familiare facilita la ripresa e la volontà di sopravvivenza di ogni paziente”.
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A conclusione del suo messaggio, il portavoce del Comitato spiega infine che “le dimensioni e la divisione degli spazi esterni della Baggina, consentirebbero agevolmente di organizzare questi incontri, con un contatto visivo protetto“. “Da una parte si parla di fine dell’emergenza per liquidare quanto avvenuto – chiude infine Azzoni – e dall’altra si invoca la necessità di rispettare tutti gli obblighi di chiusura legati alla pandemia. Un corto circuito che costringe tutti, parenti e anziani, a prolungare il grave stato di disagio e di dolorosa mancanza del legame affettivo”.
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