Plasmaterapia, De Donno furioso: siamo nelle mani di scienziati prezzolati. Così il medico che ha salvato vite con il plasma dei guariti
È infuriato Giuseppe De Donno, pneumologo che ha salvato moltissime vite grazie all’idea di utilizzare il plasma dei guariti da Covid19. In un’intervista al settimanale Oggi, che sarà in edicola a partire da domani, il medico dice la sua su vaccinazioni, plasmaterapia e Coronavirus. “Ho due rimpianti. Dovevo iniziare ad alzare la voce prima, e in maniera più energica”, spiega. “Il mio era un dovere civico. Se tutto resta in mano a scienziati prezzolati non si va da nessuna parte. Quando parlo a un congresso, la prima slide che proietto riguarda il conflitto di interessi. Io non ne ho. Mi piacerebbe che i medici che vanno in tv facessero lo stesso”.
Sono in parecchi ad accusarlo di non essere a favore delle vaccinazioni, ma De Donno nega categoricamente, anzi dice di essere a favore dei vaccini. “E non avrei nulla in contrario se un giorno il plasma con gli anticorpi contro il Covid fosse elaborato industrialmente. Sono un medico e devo salvare la vita ai pazienti. Il resto non conta“, aggiunge. Lo pneumologo, inoltre, non rinnega nessuna delle dichiarazioni fatte fino ad oggi, dichiarazioni che lo hanno reso noto sui social: “se non avessi fatto nulla la plasmaterapia sarebbe finita in cantina“. De Donno si dice convinto che la scelta di Pisa come centro per la sperimentazione della plasmaterapia sia politica: “L’ho detto ed Enrico Rossi, governatore della Toscana, che non ho mai nominato, mi ha già detto che mi querelerà. Probabilmente ha la coda di paglia“.
E poi parla del Coronavirus, il terribile morbo causa di milioni di vittime in tutto il mondo. Secondo De Donno, “in Lombardia ci sono quattro ceppi di questo virus, e nessuno è identico a quello cinese“.
L’uomo sottolinea che si sa ancora molto poco del morbo e che dopo aver portato avanti una ricerca sui casi di polmonite nel suo reparto, si è convinto che “i primi pazienti sono di fine settembre”.
Ma non è tutto, perché secondo lo pneumologo c’è stata “una forma aggressiva, che ha avuto uno stranissimo picco tra ottobre e novembre e che colpiva soprattutto gli adolescenti. Sono sicuro fossero riconducibili al coronavirus”.
Quello che però non è chiaro, è il perché l’esplosione del virus si sia manifestata molti mesi dopo. Il medico chiosa ritenendo che forse l’ondata “dello scorso autunno era causata da un ceppo meno contagioso”.
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