Lo studio è in corso sulla positività al Coronavirus di un bimbo di appena 7 mesi. Al lavoro gli uomini dell’università parmense, con i primi testi che sono stati pubblicati.
L’Università di Parma ha condotto un importante studio per quello che è stato il primo caso di positività al Coronavirus per un bambino al di sotto di un anno. Quello che in un primo momento sembrava impossibile, o veniva comunque scartato a priori dagli scienziati, si è in realtà verificato. Un neonato di appena sette mesi ha contratto il Covid-19 e il suo caso è finito al centro di uno studio, la cui prima firmataria è Adriana Calderaro, direttrice della Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia. Questo studio, tra le altre cose, ha già avuto una sua pubblicazione.
Il lavoro svolto presso l’Università di Parma sul primo neonato affetto da Coronavirus è finito sulla rivista “International Journal of Infectious Diseases”. Al fianco della dottoressa Calderaro hanno lavorato anche Flora De Conto e Maria Cristina Arcangeletti. A loro si sono aggiunti i collaboratori nei laboratori di virologia isolamento agenti virali e di virologia molecolare del Dipartimento di Medicina e chirurgia. L’utilizzo di tecnologie molecolari avanzate e metodi colturali convenzionali ha consentito di diagnosticare l’infezione da Coronavirus che ha riguardato il neonato.
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Come si legge nello studio, l’esame colturale per trovare il Coronavirus nelle vie respiratorie del neonato è stato decisivo. “Il virus da coltura – è scritto nel testo – è stato identificato sia al microscopio elettronico, per la sua morfologia caratteristica, sia mediante identificazione del suo acido nucleico”. Questo primo campione di aspirato naso-faringeo era stato esaminato lo scorso 26 febbraio, quando l’epidemia da Covid-19 era ancora all’inizio. Tra le altre cose, in quei giorni a Parma non erano ancora emersi dei casi acclarati di infezione.
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Il neonato presentava sintomi come febbre e mal di gola, tanto che all’inizio gli era stata diagnosticata una semplice infezione dell’apparato respiratorio. Nessuno aveva pensato che potesse trattarsi di un caso di Coronavirus. Ma non appena il Covid-19 si è sviluppato in coltura, sono stati fatti tutti i collegamenti del caso. “Ciò dimostra ancora una volta – si legge nello studio – che il metodo di maggiore sensibilità per la diagnosi virologica è l’esame colturale, praticato correntemente dagli specialisti virologi che è l’unico metodo diagnostico che consente di dimostrare l’infettività del virus”.