La Cei, a fronte di quello che sarà disposto con il Decreto Rilancio in piena emergenza coronavirus, torna ad avanzare al governo la parità trattamento per le scuole cattoliche: altrimenti, “questo tipo di ‘ripartenza’ ha tutto il sapore di una inaccettabile quanto inqualificabile ipocrisia”.
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana è tornata ad esprimersi in merito all’emergenza coronavirus che sta colpendo profondamente anche la Chiesa: in particolare, le discussioni si rivolgono questa volta alle riapertura delle scuole cattoliche, e si uniscono tra l’altro alla “forte preoccupazione” sollevata in queste settimane dai genitori, dagli alunni e dai docenti delle stesse strutture. Preoccupazione nata “a fronte di una situazione economica che ne sta ponendo a rischio la stessa sopravvivenza”.
A rincarare poi la dose, giungono anche le parole di padre Ciccimarra, Presidente Nazionale Agidae, Associazione gestori istituti dipendenti dall’Autorità ecclesiastica. “Questo tipo di ‘ripartenza’ ha tutto il sapore di una inaccettabile quanto inqualificabile ipocrisia“, spiega padre Ciccimarra, che aggiunge come “l’attuale Governo sembra aver deciso di interrompere un percorso di integrazione, creando condizioni tali da favorirne il soffocamento”.
La Cei torna a battersi in prima linea per proporre al governo parità di trattamento tra scuole pubbliche e cattoliche. “Chiediamo con forza che non si continuino a fare sperequazioni di trattamento, riconoscendo il valore costituito dalla rete delle paritarie”, si legge in una nota ufficiale della Conferenza che riporta la data di oggi.
Una nota al cui interno viene sottolineata la disparità di aiuti per le strutture cattoliche previste dal prossimo decreto Conte: “Le forme di sostegno poste in essere dal Decreto Rilancio – in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, a seguito delle misure adottate per contrastare la pandemia – ammontano a 65 milioni per le istituzioni scolastiche dell’infanzia e a 40 milioni per le scuole primarie e secondarie, a fronte di un miliardo e mezzo destinato alla scuola tutta”.
“Si tratta di un passo dal valore innanzitutto culturale, rispetto al quale si chiede al Governo e al Parlamento di impegnarsi ulteriormente per assicurare a tutte le famiglie la possibilità di una libera scelta educativa, esigenza essenziale in un quadro democratico”, spiega dunque la nota della Cei.
A contribuire alla presa di posizione avanta dalla Cei, si unisce anche padre Francesco Ciccimarra, Presidente Nazionale Agidae, Associazione gestori istituti dipendenti dall’Autorità ecclesiastica. “L’esperienza del lockdown – spiega il padre – ha creato situazioni di grande difficoltà: per le famiglie, molte delle quali non più in grado di pagare le rette scolastiche, per i datori di lavoro ai quali è stato ridotto di quattro mesi il periodo di tutela degli ammortizzatori sociali; per i lavoratori che a causa dei disguidi burocratici non riescono a percepire l’integrazione salariale dal Fondo INPS o dalla Cassa Integrazione in deroga. Se a tutto questo si aggiungono i tradizionali ritardi nella erogazione dei contributi ministeriali spettanti alle scuole paritarie, il quadro si fa drammatico”.
Alla luce di ciò, padre Ciccimarra fa notare come il Decreto Rilancio “non ha previsto alcun tipo di sostegno a questo ‘mondo’: nessuna forma di detraibilità/deducibilità fiscale delle rette pagate dalle famiglie, nessun intervento economico per la disabilità degli alunni, nessuna risorsa per la didattica on line”. E parte proprio qui, allora, la sua accusa di “ipocrisia“: per poter permettere alle scuole cattoliche di ripartire in maniera sicura e adeguata, è fondamentale il pieno riconoscimento della loro parità giuridica ed economica con le scuole statali, senza fare distinzioni o pregiudizi.
Del resto, i numeri delle paritarie in Italia sono molto elevati, trattandosi di una realtà ben consolidata che aggrega oltre 13 mila istituti, circa 200 mila lavoratori (sia docenti che non) e oltre 800 mila alunni, dei quali circa 14 mila affetti da disabilità di varia natura.
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