Il capo del dipartimento di Anatomia patologica dell’ospedale di Bergamo svela il retroscena. “Secondo il Governo, fare le autopsie sui morti con Coronavirus era inutile”.
Da Bergamo arriva una notizia molto importante, che potrebbe contribuire in buona parte alla lotta contro il Coronavirus. E il metodo potrebbe essere all’apparenza banale, ma nei fatti molto concreta. Stiamo parlando dell’esecuzione delle autopsie sui corpi delle persone che non sono riuscite a vincere la loro battaglia contro il Covid-19. A renderlo noto è Andrea Gianatti, capo del dipartimento di Anatomia patologica dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. È a raccontare che eseguire le autopsie li ha aiutati nelle scoperte contro il Coronavirus. Il tutto mentre il Governo nazionale le riteneva inutili per raggiungere lo scopo.
Stando a quanto afferma Gianatti, “le circolari del ministero ci dicevano, sostanzialmente, di non fare autopsie sui pazienti deceduti a causa del Covid-19”. Questa motivazione, espressa dal Governo sempre attraverso i verbi al condizionale, aveva almeno all’apparenza una base solida. Secondo il ministero della Salute, infatti, era “inutile fare esami autoptici se si conosce già la causa del decesso”. Tuttavia, il direttore del dipartimento di Anatomia patologica dell’ospedale di Bergamo non ha voluto tenere in considerazione il parere del ministro Speranza. Anche perchè le immagini delle camionette dell’Esercito che attraversavano Bergamo con i cadaveri al proprio interno avevano spezzato il cuore a una città intera.
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E così, Gianatti ha deciso di insistere, anche perchè c’era una tesi a supporto della sua intenzione. “Era chiaro già da tempo che questa malattia si stava manifestando in forme diverse, multiple, bisognava capire. E in più c’era l’ambiente in cui lavoravamo: era impossibile non sentire la necessità di mettersi in gioco, vivevamo un ospedale completamente votato alla causa, in ogni ambito”. E così, sono stati schierati gli anatomopatologi per eseguire le autopsie su alcuni cadaveri di gente morta con il Covid. Il primo caso è stato esaminato lo scorso 23 marzo da Gianatti in collaborazione con il collega Aurelio Sonzogni.
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La coppia ha proceduto con le autopsie, facendo scoperte importanti per capire di cosa si moriva tra le persone affette dal Covid-19. “Più pazienti erano deceduti a causa di trombosi – dichiara Gianatti – , un evento che spesso si è manifestato dopo la fase più acuta della polmonite, cioè dopo i sintomi più tipici provocati dal coronavirus. La teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il virus si attacchi alcuni recettori che si trovano proprio lungo i vasi sanguigni”. Un meccanismo che, secondo il direttore di Anatomia all’ospedale di Bergamo, innesca una serie di effetti non collegati direttamente al Coronavirus, ma comunque potenzialmente letali.
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