A Cavarzere, in provincia di Venezia, sono stati assegnati il reddito di cittadinanza e una casa popolare alla boss di una banda di ladri di etnia sinti.
Bruna Hodorovich è una donna di 44 anni di origini sinti, un’etnia nomade dell’Europa che erroneamente viene definita zingari, che è accusata dalla Procura di Venezia di aver perpetrato più di 100 furti in numerose città, Venezia, Padova, Rovigo, Ferrara, Verona e Mantova, e di essere riuscita ad accumulare un bottino del valore di circa mezzo milione di euro. Alla donna, considerata la boss della banda di ladri di etnia sinti, l’Ater, l’azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Venezia, ha assegnato una palazzina intera in un complesso di case popolari, in cui ospitare i membri della sua numerosa famiglia e l’Inps ha concesso il reddito di cittadinanza di circa 900 euro al mese. A fare la segnalazione dell’incresciosa situazione è stato il Comune di Cavarzere, in provincia di Venezia, notizia ripresa da il Gazzettino, il maggior quotidiano del Triveneto. In seguito alle indagini effettuate dai carabinieri, nell’ambito dell’operazione “Revenge” iniziata nel settembre del 2018, circa 100 militari dell’Arma del Comando Provinciale di Venezia e degli altri Comandi Provinciali interessati, con l’ausilio del 4° Battaglione “Veneto”, nonché del 14° Nucleo Elicotteri di Belluno e del Nucleo Cinofili di Torreglia, in provincia di Padova, hanno eseguito otto misure di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Venezia. Dell otto persone arrestate, sei si trovano in carcere e 2 agli arresti domicialiari e dovranno rispondere di diversi reati: associazione per delinquere, furto aggravato, ricettazione, indebito utilizzo di carte di credito, maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e acquisto e vendita di armi con relative munizioni.
La boss è finita in carcere insieme al marito Diego Fulle di 45 anni e ad altri quattro componenti della sua famiglia dopo la denuncia della moglie di 20 anni di uno dei figli, Patrik Hodorovich di 27 anni, per le violenze e i maltrattamenti subiti dai componenti della famiglia perché contraria ai furti e alle diverse attività illecite organizzate e perpetrate dalla banda di sinti. La giovane, la cui vendetta ha dato il nome all’operazione di polizia, si era prima rivolta a un centro antiviolenza in Veneto e poi era stata trasferita fuori regione per garantirle l’incolumità personale e salvarla così dalle continue percosse cui era sottoposta. E’ stata proprio la giovane donna a fornire al nucleo investigativo una serie di elementi che hanno fatto emergere oltre all’attività di furto anche l’associazione a delinquere.
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