Si allunga la lista dei medici morti in battaglia contro il nemico invisibile, il coronavirus: oggi si apprende la notizia della scomparsa di Davide Cordero, da sempre impegnato per aiutare il prossimo, sia in Italia che in Africa.
La pandemia di coronavirus continua a macinare numeri e vittime. Si apprende oggi della scomparsa del dottor Davide Cordero, anestesista torinese di 63 anni in servizio al Policlinico di Monza e tra i fondatori del 118 in Piemonte. A portarselo via è stato proprio il Covid-19, del quale si era ammalato a inizio aprile e per il quale era finito poi in terapia intensiva, nella stessa struttura in cui lavorava negli ultimi mesi.
A rendere nota la triste notizia sono stati questa mattina i suoi colleghi e i suoi amici. “Volare è sempre stata una delle sue passioni più grandi“, racconta di lui Paolo Narcisi, amico e presidente della ong “Rainbow for Africa”, la stessa di cui Cordero era stato parte. “Di recente diceva spesso che non vedeva l’ora di andare in pensione, gli mancava poco, per poter tornare in Africa”.
Davide Cordero era un medico torinese in servizio al Policlinico di Monza. Laureato in medicina nel 1979 a Torino, si era specializzato in anestesia e rianimazione a Ferrara, e aveva lavorato alle Molinette, al Martini e a Chivasso. Tra i suoi meriti c’era anche il fatto di essere uno dei fondatori storici del 118 in Piemonte, nonché uno dei pionieri del servizio di Elisoccorso, per il quale partecipò alle prime missioni da Borgosesia negli anni ’90.
La vita di Cordero è sempre stata al servizio degli altri, dei più bisognosi di aiuto. Non a caso era stato il vicepresidente di Rinabow4Africa (ong piemontese oggi presieduta da Paolo Narcisi), che da anni dedica i suoi sforzi ad aiutare i migranti che cercano di superare il confine con la Francia, e degli italiani in difficoltà economiche che non riescono a garantirsi nemmeno le cure mediche di base.
Ma la sua grande personalità lo aveva portato anche ad intervenire direttamente sugli scenari di guerra. Cordero, infatti, era stato anche in Iraq, durante la guerra del Golfo, e in Ruanda, sempre con la Croce Rossa. Il suo desiderio era quello di ritornare in Africa dopo aver maturato la pensione, così da poter proseguire lì la sua missione atta ad aiutare il prossimo.
Ma il prossimo, Cordero, lo ha aiutato anche in Italia, soprattutto poco prima di morire, quando si è schierato in prima linea per la lotta al coronavirus. Lo stesso virus che gli ha strappato la vita. “A oggi contiamo 60 morti. E se noi ci infettiamo possiamo spargere il virus. Non è solo per la nostra vita ma per il contagio che possiamo trasmettere. Non Fateci chiudere gli ambulatori. Comprateci le mascherine”, scriveva nella sua ultima petizione on line, condivisa già ad inizio aprile proprio sulla sua pagina Facebook.
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