I carabinieri hanno scoperto nell’ambito di un’operazione anti riciclaggio che ingenti somme di contanti venivano “ripulite” da alcune concerie in Toscana: due arresti e 18 indagati.
I carabinieri hanno scoperto, nell’ambito di un’operazione contro il riciclaggio di denaro sporco, capitanata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Firenze che diverse concerie toscane, con sede tra le provincia di Pisa e di Firenze, “ripulivano” ingenti somme di danaro, frutto di attività illecite, con l’aiuto di una rete di spedizionieri compiacenti. Gli agenti dell’Arma hanno così eseguito due arresti, su disposizione del gip Silvia Romeo, e hanno messo sotto indagine altre 18 persone. In base a quanto emerso durante le indagini, sarebbero centinaia di migliaia di euro i soldi riciclati al momento.
A finire in manette sono due uomini residenti nel napoletano: Ciro Taglialatela, figlio del boss del clan camorristico Lo Russo di Napoli Bruno Taglialatela, e Vincenzo Bocchetti con l’accusa di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita ed emissione di fatture per operazioni commerciali inesistenti. Secondo le ricostruzioni del pm Giuseppina Mione, i due uomini agivano come referenti delle ditte “Brupel” e “World Pellami” di Casavatore, in provincia di Napoli, e trasferivano alle concerie toscane le somme da riciclare. Secondo l’accusa le ditte napoletane avrebbero emesso fatture false, per ordini fittizi di merce, verso le concerie toscane, che a loro volta effettuavano pagamenti attraverso bonifici bancari per le operazioni inesistenti. Le somme venivano poi restituite in contanti alle ditte del distretto conciario.
Secondo gli investigatori il metodo era identico a quello scoperto durante l’operazione “Vello d’oro”, che ha portato il 18 febbraio del 2018 a 14 arresti. Le indagini, svolte attraverso accertamenti contabili e bancari, hanno fatto emergere che nell’estate del 2015 i due arrestati, Ciro Taglialatela e Vincenzo Bocchetti, erano entrati al posto di alcuni uomini calabresi legati alle cosche della ‘ndrangheta dei Nirta e dei Barbaro nei rapporti illeciti con gli imprenditori conciari toscani. L’intermediario di riferimento tra i vari imprenditori sarebbe Cosma Damiano Stellitano, finito in manette durante l’operazione del febbraio 2018.
Secondo le ricostruzioni dei carabinieri di Firenze il denaro veniva versato in contanti alle concerie toscane, per poi venir utilizzato per pagare prestazioni “fuori busta paga” dei lavoratori dipendenti, facendo diminuire così le somme versate per la previdenza. Le fatture false, emesse per operazioni non esistenti, venivano usate dagli imprenditori toscani per abbattere gli utili e dichiarare così elementi passivi fittizi, che permettevano loro di evadere le imposte sul reddito o sull’iva. Tra le 18 persone messe sotto indagine dal gip Silvia Romeo ci sarebbero stretti collaboratori dei due arrestati, i titolati delle concerie toscane e i responsabili delle ditte di spedizione, già tutti perquisiti nell’ottobre del 2018 durante l’operazione “Vello d’oro”.
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