Coronavirus, disoccupazione: uno su cinque cambierà lavoro

Coronavirus e disoccupazione, arrivano i risultati di un sondaggio su 400 milanesi: un lavoratore su cinque sarà costretto a cambiare attività, se non addirittura settore. 

coronavirus disoccupazione
(Foto di Marco Bertorello, da Getty Images)

La società di marketing Mercurio Misura ha condotto un sondaggio su 400 cittadini milanesi sugli effetti economici dell’emergenza coronavirus. Ebbene, nel cuore pulsante dell’epidemia, che era però anche il cuore della produttività, un lavoratore su cinque sarà costretto a cambiare lavoro. Nei casi peggiori addirittura settore. L’agenzia ha intervistato 400 cittadini dai 18 anni in su. Il 12 % di loro si sta già organizzando per cambiare mestiere. Si spera temporaneamente. Tra chi invece sta ancora ragionando sul da farsi, un buon 8% realizza: nei prossimi mesi dovrà affrontare un azzeramento degli incassi o licenziamento (nel caso di lavoro dipendente).

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Una frase torna costantemente nel corso del sondaggio: “Sto cercando di inventarmi qualcosa”. Una presa di coscienza inevitabile, visto che bonus e ammortizzatori sociali (che tra l’altro faticano ad arrivare) allevieranno la mancanza di liquidità, ma difficilmente argineranno la crisi sistemica di alcuni settori. Almeno al momento. Tra i settori piegati dalla crisi ci sono affitti brevi, spettacoli, eventi, sport. Oltre ai più ripetuti: turismo e ristorazione. Dall’altro lato, altri settori hanno invece beneficiato dell’emergenza coronavirus. Tra questi chiunque abbia a che fare con la produzione e distribuzione di protezioni da coronavirus, la grande distribuzione e le consegne a domicilio.

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(Foto di Marco Bertorello, da Getty Images)

Tutti gli altri cercano di reinventarsi. Stefano Clima, alla guida di Mercurio Misura, commenta: “Se è vero — come dice la ricerca — che il 44% dei milanesi durante il lockdown non ha percepito stipendio, o l’ha percepito decurtato, è vero anche che emerge un grande spirito d’adattamento”. E si adatta, ad esempio, Ivan Bresciani, 36 anni, allenatore di calcio nella zona del quartiere Quarto Oggiaro: “Spero di riprendere presto, nel frattempo ho accettato il turno di notte in una azienda di logistica”.

Oppure Luca Santambrogio, 38 anni, che ha cercato di intercettare il mercato in crescita delle vendite online: “Dal 2012 ho il mio studio di fisioterapia, nel giro di una settimana il lavoro si è bloccato completamente. Ho cinque figli, da 1 a 12 anni, mi sono offerto per fare il magazziniere al supermarket, pur di riuscire a mantenere la famiglia”. E c’è chi, come Altea Russo, ballerina e attrice teatrale in carriera deve fare i conti con la dura crisi inferta al mondo dello spettacolo: “Si ipotizza per noi dello spettacolo una ripresa nel 2021. E noi? Anche mio marito è attore teatrale. Mi sono messa a studiare per diventare interprete Lis, lingua dei segni in affiancamento a insegnanti di sostegno. È una attività che potrebbe funzionare anche da remoto”.

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Poi ci sono i casi particolarmente virtuosi, imprenditori che hanno riconvertito la propria azienda, restando nel settore ma cambiando mirino. E’ il caso di Marco Sparacino, 56 anni. Aveva avviato una attività sartoriale da 3 milioni di giro di affari. L’attività di Marco fabbricava divise per crociere e alberghi, e doveva aprire a Bergamo il primo punto vendita il 15 marzo. Triplice sfortuna per l’imprenditore: contagiato dalla crisi del settore turistico, Marco avrebbe voluto aprire la prima sede a Bergamo, centro dell’epidemia, a ridosso dell’effettivo lockdown. Ma l’imprenditore non ha perso tempo e in pochissimo ha convertito la sua Tirso srl alla produzione di mascherine su scala nazionale. Ora ne realizza 50mila al giorno e garantisce le forniture per tutto il Nord Italia.

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