Il coordinatore organizzativo del comitato tecnico-scientifico del Noa svela il suo piano contro il Coronavirus. “Vogliamo dimostrare la efficacia e la sicurezza del plasma immune somministrato a pazienti positivi”.
Si continua a discutere della possibilità di utilizzare grandi quantità di plasma immune come cura contro il Coronavirus. Questa volta ci spostiamo tra i corridoi dell’ospedale Noa di Massa Carrara. Qui c’è il coordinatore organizzativo del comitato tecnico-scientifico Mirko Lombardi, che punta fortemente proprio sul plasma. E per questo motivo, sotto la spinta del direttore di presidio Giuliano Biselli, è stato avviato uno studio specialistico per applicare il plasma dei guariti per la cura dei pazienti affetti da Coronavirus. E il tutto è stato spiegato proprio dal dottor Lombardi in un’intervista per il quotidiano La Nazione.
“Si tratta di uno studio clinico – dichiara Lombardi – che è stato progettato e disegnato secondo i criteri codificati dalla letteratura internazionale e quindi con una serie di definizioni, criteri di arruolamento, obiettivi, volti a dimostrare la efficacia e la sicurezza del plasma immune somministrato a pazienti con polmonite Covid19 e che è stato valutato da un comitato etico e ritenuto idoneo alla effettuazione”. Dunque parliamo di uno studio che ha, come ribadisce Lombardi, una base e una valenza scientifica, approvate da un organismo istituzionale deputato allo scopo.
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Lombardi ha spiegato anche come il plasma verrà impiegato nel contatto con il Coronavirus. Si lavora su tre fasi: “Profilattico, nella polmonite ospedalizzata non in rianimazione, nella insufficienza respiratoria in rianimazione”. Il dottore svela che ci si è basati sulla seconda fase, “perché ci sono evidenze, come per altri farmaci, che quanto prima viene dato dall’inizio dei sintomi nella malattia così detta moderata/severa più è efficace”. Lombardi ha svelato che a spingere per l’uso del plasma contro il Coronavirus è stato in realtà il policlinico San Matteo di Pavia, con il dottor Perotti primo investigatore.
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Il coordinatore dell’ospedale di Massa ammette i contatti con Perotti, il quale gli inviò il protocollo del nosocomio pavese. “Ne discutemmo nel comitato tecnico-scientifico del nostro ospedale – dichiara Lombardi – . Il gruppo di Pavia lo proponeva nei pazienti in rianimazione mentre nelle nostra discussione era già emerso da qualche tempo che bisognasse agire prima nel decorso di questa malattia”. Da qui è nata la proposta di usare il plasma “nei pazienti ospedalizzati non in rianimazione, come stava anche emergendo nella letteratura internazionale e ideammo l’attuale protocollo”.
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Ma la domanda che tutti si pongono è: tutti i guariti potenziali donatori? Lombardi risponde così: “Innanzitutto ci vuole una donazione volontaria di plasma. Se non c’è il plasma manca il carburante al motore dello studio. Quindi, per favore, chi ha avuto il Covid19, è guarito, ha meno di 70 anni e sta bene, doni il plasma”. Anche perchè, come rivela il dottor Lombardi, gli anticorpi contro il Coronavirus si trovano nel plasma. Ma c’è differenza rispetto al vaccino: “Il plasma conferisce una immunità passiva. Il vaccino risolverà il problema inducendo una immunità attiva. Prima del vaccino, oltre al plasma, stanno lavorando ai sieri iperimmuni costruiti in laboratorio sul principio – conclude Lombardi – degli anticopri antivirus del plasma”.
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