Fase 2: ecco cosa è accaduto in Cina che in Italia non deve succedere. Dopo un’attenta valutazione delle curve epidemiche nei due Paesi
La Fase 2 cinese, cominciata lo scorso 15 marzo, dopo due mesi di lockdown, ha visto una ripresa in parte delle attività, proprio come sta accadendo nel nostro Paese a partire dal 4 maggio. A quella data, in Cina, si registravano 16 casi di Coronavirus. I contagi si erano notevolmente ridotti allo 0,02%. Ma a soli 9 giorni dalla riapertura, i contagi sono tornati a salire, raggiungendo, il 23 marzo, 78 nuovi casi. Così la Cina ha dovuto aspettare di scendere di nuovo, ossia che i casi fossero 19 in tutto il Paese, prima di riprendere le attività il 3 aprile. Intanto, il 25 marzo, si era deciso di riaprire anche Wuhan, epicentro del focolaio e la sua regione, l’Hubei. In quel periodo i casi quotidiani erano 47. Due settimane dopo il riavvio di tutte le attività nel Paese, i casi sono risaliti a 108, aggiornati al 12 aprile. Tuttavia, la discesa dei casi è rimasta costante e i casi di Coronavirus per lo più importati da altri Paesi. Questo per sottolineare come in entrambe le riaperture si siano verificati casi poi subiti riassorbiti e la curva epidemica è tornata allo zero.
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Nella Fase 2 del nostro Paese, tuttavia, non deve assolutamente accadere. Ora la nostra situazione è per molti versi differente da quella cinese, sia per una questione di numeri di contagi, sia dal punto di vista politico. I cinesi sono sotto un regime dittatoriale e far rispettare il lockdown è molto più semplice. Ma il punto è un altro. La nostra timida ripresa avviene quando i numeri giornalieri del contagio sono 1.389, aggiornati al 3 maggio. Ciò vuol dire che sono numeri molto lontani da quelli cinesi. Se dunque dovesse avvenire un rimbalzo dei casi come accaduto in Cina, ci ritroveremmo, tra 15 giorni, con il doppio dei contagi attuali e la curva dell’epidemia tornerebbe a +1,2%. A quel punto sarebbe molto difficile contenere il contagio, individuando e mettendo in quarantena tutti i contatti dei positivi al Covid.
È quindi essenziale non giungere a tale situazione, e potrebbe esserci d’aiuto il fatto che da noi, a differenza della Cina, il virus si è evoluto molto più lentamente. Quello che ci si augura è che avvenga lo stesso dopo l’allentamento delle misure. C’è però da fare ulteriori considerazioni a nostro favore. In Cina, i casi sono ripresi ma le condizioni igienico sanitarie sono precarie rispetto all’Italia e l’igiene personale è uno dei modi essenziali per prevenire il contagio. Il nostro sistema sanitario è molto più evoluto di quello cinese e il nostro Paese ha ben risposto all’epidemia facendo progressi da marzo, quando il virus è esploso in Italia. Anche i numeri dei posti in terapia intensiva sono raddoppiati rispetto a 2 mesi fa e abbiamo maggiori conoscenze sul Coronavirus. Ci sono studi molto seri che hanno portato a utilizzare alcuni farmaci e a escluderne altri. C’è anche l’utilizzo del plasma dei guariti che in alcuni casi si sta rivelando efficace.
È fondamentale dunque rispettare tutte le norme di sicurezza per evitare ricadute indossando i vari dispositivi di protezione. Oltre a questo vanno tracciati i positivi e isolati i contatti, nonché eseguire molti tamponi e test sierologici. Tutte cose che l’attuale politica deve attuare ora che si sta riaprendo alle varie attività perché siamo coscienti del fatto che il virus è in circolazione e va fermato con iniziative presenti e non future.