La cura del plasma iperimmune per i pazienti covid funziona davvero? Gli esperti si dividono. Burioni: “Non è una pozione magica”. Ma uno studio impone la riflessione: risultati anche su casi gravi
Negli ultimi giorni si parla con insistenza della cura del plasma iperimmune per gli ammalati di Covid-19. Questa sarebbe, secondo alcuni riscontri, la nuova frontiera per combattere il coronavirus anche nei pazienti più gravi. Lo scontro è acceso. Se da un lato, infatti, c’è chi sostiene la validità della terapia saggiata all’ospedale San Matteo Pavia, dall’altro qualcuno ne mette in discussione l’efficacia lamentando l’assenza di risultati inconfutabili.
Nell’attesa che i dati possano fugare ogni eventuale dubbio sull’adeguatezza del trattamento, il numero dei pazienti immunizzati a Mantova raggiunge una quota a dir poco significativa: 48 guariti e neanche un decesso. Tuttavia, sono ancora molti i virologi che sostengono l’impraticabilità della terapia manifestando scetticismo e, talvolta, beffante disappunto. Tra questi c’è Roberto Burioni, che ha lanciato una frecciatina piccata al collega Giuseppe De Donno, primario presso il Reparto di Pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova e fautore della cura, parlando di “pozione magica” in modo ironico.
Intanto, i risultati di ben tre ricerche condotte a Wuhan confermano la validità del trattamento anche nei pazienti con sintomatologia Covid acuta. Perotti e i suoi colleghi chiedono, pertanto, che la cura venga testata nell’ ambito di studi più ampi e randomizzati. Cosa significa in sostanza? Che venga approfondita dove sia previsto anche un gruppo di pazienti cosiddetti ‘di controllo’, che abbiano sintomi molto più lievi dei primi o siano trattati con un altro farmaco. Ciò al fine di poter confrontare la reale superiorità, in termini di efficacia, della terapia. Indagine che finora nessuno ha ancora svolto.
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Il protocollo di Pavia e Mantova è stato chiesto da molti altri Paesi nel mondo. Inclusi gli Usa. Lì ora sono già pronti 2.089 ospedali, 4.600 medici, 10 mila pazienti arruolati e 5 mila sono stati già trattati con il plasma iperimmune, pur essendo partiti ben dopo l’Italia. Il gruppo ha ceduto parte del plasma anche a molti altri ospedali italiani per trattare altri 50 malati gravi, fuori dal protocollo di sperimentazione. Perotti, a tal proposito, si è mostrato estremamente ottimista. “Anche in altri paesi sono in atto delle verifiche – ha spiegato – e risultati estremamente interessanti verranno fuori a breve”.
Intanto, il medico di famiglia Marco Scali, ha raccontato la sua esperienza. “Capisco da medico di famiglia cosa si prova a stare nei panni del malato. Ho dovuto lottare, dopo la positività, con tutte le mie forze. Mi considero fortunato per essere stato preso in cura in Lombardia con il trattamento plasma ricco di anticorpi ricavati dal sangue di donatori convalescenti”.
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