L’ex premier Romano Prodi commenta la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, che mettendo in dubbio l’intervento della BCE a sostegno dell’economia mette in crisi la stabilità dell’Unione Europea.
In una intervista pubblicata su “La Stampa” Romano Prodi, ex presidente del consiglio – ma sopratutto ex presidente della Commissione Europea – commenta la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che si è espressa sulle politiche monetarie della Banca Centrale Europea. In particolare la Corte si riferisce ai Quantitative Easing, l’iniezione di liquidità che la BCE ha effettuato nei mercati europei per sostenere le economie dei diversi paesi. L’Alta Corte di Karlsruhe ha chiesto a Francoforte di fornire, entro tre mesi, “in una maniera comprensibile e con argomentazioni” gli obiettivi di questo tipo di politica monetaria, dimostrandone gli effetti economici e chiarendo se si è trattato realmente di una misura proporzionata alla situazione economica in cui versavano gli stati della zona euro in quel periodo. Il Professore, dalla sua residenza dove è in quarantena dal 9 marzo, commenta questa sentenza che sembra dare un colpo molto duro alla tenuta dell’Unione: «Non mi pare che si rischino contraccolpi drammatici ma certo bisogna leggere tutto il dispositivo nel dettaglio». Una lettura che ridimensiona un pò la portata della sentenza, ma che è frutto di una sintesi politica: «E’ una sentenza che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, che dice e non dice, ma che nella sostanza riflette l’attuale atteggiamento della Germania verso l’Europa: né caldo né freddo. Ma semmai tiepido». Per Romano Prodi il problema, espresso abbastanza chiaramente dai giudici di Karlsruhe, affonda nell’idea profonda che la Germania ha dei rapporti all’interno dell’Unione Europea. Al di là dei riflessi giuridici che si irradieranno in tutta Europa e al di là delle reazioni sovraniste nei Paesi dove il sentimento euroscettico è più radicato per Romano Prodi la solidarietà europea sarà sempre soggetta alla debolezza delle sue istituzioni, che paradossalmente sono messe in difficoltà dall’atteggiamento della Germania.
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Per Prodi però potrebbe essere presto per esprimere giudizi definitivi. La sua lunga esperienza, maturata in buona parte proprio a Bruxelles, spinge il Professore a valutare con la dovuta attenzione i rapporti politici interni all’Unione Europea. E così è anche per la sentenza di Karlsruhe: per la Corte tedesca, la politica monetaria scelta impatta sui risparmi, sulle politica di welfare e dunque, sempre secondo i giudici della Corte, la Banca centrale europea è tenuta a dimostrare che questo intervento diversificato da stato a stato serve a sanare politiche fiscali simmetriche che veramente esistono fra i vari paesi dell’Ue. Ma la questione posta dalla Corte tedesca impone due riflessioni, che Romano Prodi ha ben chiare. Una attualissima: è lecito che la Bce continui a gestire emergenzialmente una crisi che potenzialmente può distruggere la UE? La seconda, più politica: potrebbe essere una soluzione quella di immaginare l’Ue non più basata sui Trattati ma definitivamente trasformata in una democrazia federale e sovranazionale? «In Europa— afferma Prodi – la disputa purtroppo durerà fino a che non si cambieranno i poteri e le regole delle istituzioni europee e la solidarietà europea rimarrà sempre limitata dalla debolezza delle sue istituzioni». Ma la visione politica di Prodi tiene in considerazione anche un altro aspetto: «La cosa più importante è che la prima risposta da parte del portavoce della presidente tedesca della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, si può riassumere così: la legge europea è superiore a quella nazionale». Ed è un aspetto di non poco conto: uno degli aspetti più complicati da gestire della sentenza di Karlsruhe è il “tono perentorio” (come sottolinea La Stampa) con il quale le toghe tedesche svalutano la sentenza della Corte di giustizia europea, che nel 2018 aveva sancito la legalità delle azioni della Bce. Ma la conclusione della riflessione di Prodi è preoccupata: «L’insufficienza di una forte politica europea può prolungare la crisi» spiega, «e il risentimento popolare nei confronti dell’Europa può essere raccolto dalle forze antieuropee». Per il Professore quasi un paradosso, in una fase politica e sociale nella quale larghe fasce di opinione pubblica in quasi tutti i Paesi dell’Unione sono tornate a rivalutare l’importanza della solidarietà e di un welfare che funzioni davvero.
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