Il magistrato parla di un dietrofront da parte Guardasigilli, dopo avergli offerto l’incarico al Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, in favore di Basentini. Bonafede: “Proposi a Di Matteo di diventare direttore degli Affari Penali, ruolo più incline alla lotta alla mafia”. La replica: “i boss nelle carceri non mi volevano”.
Rischia di creare una scia di polemiche senza fine, la gestione della guida del Dap. È di ieri sera l’intervento del magistrato Nino Di Matteo sul tema. Il noto Pm, da sempre in prima linea nella lotta contro la mafia, è stato ospite di Massimo Giletti nella trasmissione di La7 “Non è l’Arena” e ha fatto sapere di aver ricevuto un’offerta dal Ministro della Giustizia Bonafede. Sarebbe stato Di Matteo a guidare il Dap a partire dal 2018, prima che la carica venisse data a Basentini. E si è tornato a parlare di questa mancata nomina, dopo le dimissioni dell’ex direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, arrivate un paio di giorni fa.
Al’epoca dei fatti – era da poco stato composto il primo governo Conte – Bonafede era già Ministro della Giustizia. Come rivela Di Matteo, “venni raggiunto da una telefonata del ministro che mi chiese se ero disponibile ad accettare l’incarico di capo del Dap o in alternativa quello di direttore generale degli Affari penali“. Il pm chiese 48 ore di tempo per pensarci, e in questo lasso di tempo secondo Di Matteo il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura antimafia e allo stesso Dap alcune informazioni. Secondo queste, l’eventuale affidamento del Dipartimento al magistrato palermitano sarebbe stato “l’inizio della fine”. Ma questo si sarebbe venuto a sapere solo dopo.
Al momento di comunicare a Bonafede la propria intenzione di accettare la direzione del Dap, Di Matteo fu gelato. “Improvvisamente il ministro mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano deciso di nominare il dottor Basentini. Ci aveva ripensato o forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci”, svela il pm. Una volta rese note queste esternazioni, piuttosto gravi, non si è fatta attendere la replica da parte del ministro Bonafede. Il Guardasigilli è intervenuto telefonicamente in trasmissione, per avere un confronto pubblico con Di Matteo ma anche per spiegare le proprie ragioni in merito a quello che appare un improvviso dietrofront.
“Rimango veramente esterrefatto”, queste le prime parole del Ministro. Secondo Bonafede, Di Matteo ha dato “un’informazione grave nella misura in cui si lascia trapelare un fatto assolutamente sbagliato”, ovvero il suo dietrofront nella proposta fatta al magistrato. “Dire che agli italiani che lo stato sta arretrano rispetto alla lotta Mafia è un fatto grave”, ha proseguito il Guardasigilli, il quale afferma di non aver chiamato per difendersi o per dare chiarimenti, ma solo per dire la sua verità. Una verità che parte, nel racconto di Bonafede, dalla prima conversazione telefonica con il dottor Di Matteo.
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Bonafede sostiene di aver chiamato Di Matteo per parlargli “della possibilità di fargli ricoprire uno dei due ruoli, o capo del Dap o direttore degli Affari penali”. Nel corso di quella telefonata, il pm avrebbe svelato la presenza di intercettazioni nelle carceri sulla possibile nomina al Dap: “Credo abbiano detto ‘facimmo ammuina’”, ha riferito il ministro. Che prosegue: “Sapevo chi stavo per scegliere, e tra l’altro l’altro quella intercettazione era già stata pubblicata e sono intercettazioni di cui il ministro dispone perché le fa la polizia penitenziaria”. Bonafede dunque nega che il suo dietrofront sia legato al timore delle conseguenze se Di Matteo avesse assunto un ruolo cosi’ rilevante.
E il Guardasigilli ha voluto rilanciare, spiegando che il ruolo poi assegnato a Di Matteo non è da poco. “Quando lui è venuto al ministero – spiega – gli ho detto che tra i due ruoli per me sarebbe stato molto più importante quello di direttore degli Affari penali perché era molto piu di frontiera nella lotta alla Mafia”. Dopo aver dato il proprio chiarimento, Bonafede ha fatto capire che, al termine dell’incontro, l’accordo tra i due sembrava totale.
Ma Di Matteo non ci sta: “Io non ho fatto interpretazioni ma ho raccontato dei fatti precisi e li confermo”. E ribadisce che ‘in piu sezioni di 41 bis c’erano state dichiarazioni, da parte dei detenuti, secondo i quali se fosse arrivato Di Matteo “questo butta la chiave”.
Sul tema è intervenuta Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’italia: “Nella puntata di Non è l’Arena il magistrato Nino Di Matteo rivela che Bonafede gli chiese la disponibilità per il ruolo di capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ma che dopo 48 ore, quando aveva deciso di accettare la nomina a capo del Dap, il Ministro gli disse di averci ripensato. Secondo quanto affermato da Di Matteo nelle ore intercorse tra la proposta del Ministro della Giustizia e la sua decisione, il Gom della Polizia Penitenziaria aveva informato la Procura Nazionale Antimafia e la direzione del Dap, della reazione di importantissimi capimafia che dicevano “se nominano Di Matteo è la fine” . Ai disastri si aggiungono ombre sul comportamento del Guardasigilli. Fossi Alfonso Bonafede, domani mattina rassegnerei le mie dimissioni di Ministro della Giustizia”.
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