Coronavirus, tanti Lgbti nel video di Arcigay del Primo Maggio

Nel video sono presenti coloro i quali si sono presi cura dei malati di Coronavirus. Tra di loro c’è anche un medico dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.

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Sono stati tanti gli angeli che si sono presi cura dei malati con Coronavirus nel nostro Paese. Tra loro ci sono anche tanti soggetti che fanno parte della comunità Lgbti. E proprio a loro, Arcigay ha deciso di dedicare un video, in occasione della giornata che meglio di tutte rappresenta il loro impegno. Nel giorno dedicato al mondo del lavoro, l’associazione dedicata agli omosessuali ha voluto girare un video di circa quattro minuti, in cui vengono immortalati diversi medici e sanitari che hanno lavorato negli ospedali di tutta Italia. Il tutto al grido di #iocisono e #noicisiamo, i due hashtag scelti da Arcigay.

Sono 41 i lavoratori e le lavoratrici che fanno parte della comunità Lgbti, tutti impegnati nell’emergenza sanitaria. Tra di loro c’è anche un medico che fa parte dell’organico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno degli epicentri di questa emergenza. Hanno combattuto, spesso a mani nude, contro il Coronavirus dopo averlo fatto contro i pregiudizi e i soprusi di chi non accetta la diversità. Sono medici, volontari, infermieri, operatori in ambito sociosanitario, ma anche sindaci, impiegati pubblici, educatori e giornalisti. Hanno vissuto in prima persona la lotta contro il Coronavirus prendendosi cura delle persone malate.

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Diversi i medici e i volontari Lgbti in prima linea – meteoweek.com

Manuela Macario, responsabile delle politiche per il lavoro nella segreteria nazionale di Arcigay, ha fatto capire che la campagna è “un’affermazione della visibilità che le persone Lgbti hanno il diritto di avere anche nei contesti lavorativi”. I testimonial della campagna “Io ci sono, noi ci siamo” hanno risposto a un appello che Arcigay ha diffuso alcune settimane fa. Hanno inviato una foto e una frase per testimoniare la loro esperienza nella lotta contro il Coronavirus. Un’emergenza che hanno affrontato come professionisti, ma in buona parte anche come volontari per poter dare una mano il più possibile.

“Non dover nascondere la propria identità, la propria dimensione sentimentale e relazionale, significa lavorare in condizioni di maggior benessere”, ha dichiarato la Macario. Una manifestazione di grande impegno ma anche di unità, un messaggio per far capire che non esistono diversità quando ci si deve dare da fare per il prossimo. E uno degli esponenti di maggiore spicco di Arcigay fa capire che, solo sentendosi liberi di agire e di narrare se stessi, senza timore di essere giudicati e discriminato, e soprattutto senza paura di essere esclusi, si può fare squadra e si può essere uniti e utili in un momento così difficile.

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