Cina: è stato condannato un giornalista cinese Chen Jieren, accusato di aver “denigrato” il partito comunista al potere e il Governo. Per lui 15 anni di carcere.
Giornalista cinese condannato a 15 anni di carcere in Cina per aver denigrato il Partito comunista e il Governo. Si tratta del blogger Chen Jieren, ex dipendente del quotidiano
ufficiale People’s Daily. Ieri il tribunale del popolo della contea di Guinyang, nella provincia dell’Hunan, l’ha giudicato colpevole. L’accusa ufficiale sarebbe: “Crimine di provocazione, estorsione, commercio illegale e corruzione“. A riferirlo è la corte che, oltre all’incarcerazione, ha emesso anche una sanzione per 7 milioni di yuan. Una cifra altissima, corrisponde a circa 1 milione di euro.
La causa scatenante sarebbe, stando alle motivazioni del tribunale, la diffusione sui social network di “informazioni false” da parte del giornalista cinese. La diffusione di queste fake news avrebbe avuto inizio nel 2015 e, oltre alla disinformazione, avrebbe un aggravante. Lo scopo della diffusione delle informazioni sarebbe stato estorcere tramite ricatti soldi alle persone implicate negli articoli. Inoltre, all’interno degli articoli il giornalista avrebbe “attaccato e denigrato il Partito e il Governo, la magistratura e il loro personale“, afferma la corte. Intanto iniziano a prendere piede le reazioni contro un’incarcerazione che appare pretestuosa o quanto meno eccessiva. In una dichiarazione, l’associazione Chinese Human Rights Defenders (Chrd) ha invitato Pechino a rilasciare immediatamente il giornalista.
Nel frattempo da qualche giorno sono state ritrovate le tracce di un altro giornalista scomparso dallo scorso 26 febbraio in Cina, a Wuhan. Si tratta di Li Zehua, autore di drammatici video postati sui social. Il giornalista ricomparso ha dichiarato in un video di esser stato obbligato a rispettare una quarantena prima a Wuhan e poi a casa sua, in un’altra provincia. Il giornalista infatti si era recato a Wuhan proprio per documentare l’emergenza causata dal Covid. E non è stato l’unico giornalista scomparso a Wuhan in quel periodo: insieme a lui, poco prima, anche Chen Qiushi.
Li Zehua aveva raccontato nei suoi primi video: “Prima di arrivare un amico che lavora per un media mainstream cinese mi aveva detto che tutte le brutte notizie sul coronavirus sono raccolte dal Governo centrale. I media locali raccontano solo le buone notizie sulla guarigione dei pazienti e via dicendo. Ovviamente, non è certo che questo sia vero, perché è solo ciò che ho sentito dai miei amici”. Dopo queste dichiarazioni su un presunto insabbiamento dell’emergenza da parte del Governo, il giornalista aveva incrociato delle persone a bordo di un pick-up bianco a Wuchang. Le persone all’interno del pick-up gli avevano ordinato di fermarsi e, di fronte a un rifiuto del giornalista, lo avevano inseguito.
Li Zehua non aveva smesso di filmare neanche in quel momento: si filma anche nella sua autovettura in stato di shock, postando un video di Sos. Poi nel suo appartamento una lunga diretta, fino all’irruzione, ore dopo, di persone qualificatesi come agenti di sicurezza, secondo quanto riportato dalla Bbc. Li Zehua era stato così dichiarato una minaccia per l’ordine pubblico e quindi costretto alla quarantena per essere stato in “aree sensibili per l’epidemia”. Li Zehua riapparso da qualche giorno ha dichiarato: “Durante questo periodo la polizia ha applicato la legge in modo civile, ha assicurato il mio riposo e il cibo. Sono grato a tutte le persone che si sono prese cura e si sono preoccupate per me. Vorrei che tutte le persone che stanno soffrendo per l’epidemia possano a farcela. Dio benedica la Cina. Vorrei che il mondo possa essere unito.” Ancora nessuna notizia di Chen Qiushi e Fang Bin, altri due giornalisti scomparsi a Wuhan nei mesi scorsi.
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