Il fondatore di Possibile chiede chiarimenti al premier sulla gestione della Fase 2. “Ci aspettiamo che si spieghi bene il contesto in cui ci muoveremo”, dice Civati.
L’inizio della tanto attesa Fase 2 del Coronavirus sta ormai per iniziare. Tra cinque giorni riprenderà la libera circolazione per diversi italiani, ovviamente con delle limitazioni e restrizioni, oltre che con le necessarie protezioni come guanti e mascherine. Ma c’è ancora chi vorrebbe ulteriore chiarezza, in particolare da Giuseppe Conte, per capire come ci si deve comportare e quali sono i confini da non varcare. È Giuseppe Civati, il fondatore di “Possibile” che è stato intervistato dai colleghi di Fanpage. Civati, infatti, dopo aver fatto i complimenti agli italiani, vorrebbe che sia l’Italia a muoversi per consentire una ripartenza quantomeno decente.
“Gli italiani hanno fatto il loro dovere, ora dovrebbe farlo l’Italia – dichiara Pippo Civati – . Noi siamo stati tutti chiusi in casa, abbiamo perso un sacco di soldi e qualcuno farà fatica a riprendersi, ci sono stati anche drammi. Ora ci aspettiamo che prima di iniziare a produrre, qualcuno ci spieghi bene il contesto in cui ci muoveremo. E questo lo può fare solo la politica, con dei dati sostanziosi. La conferenza stampa di domenica sera è stata povera di contenuti, forse serviva a rinviare ancora, ma non c’era dentro niente”.
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Anche Civati sostiene che Conte sia stato poco chiaro nello spiegare i passaggi della Fase 2. E il suo ragionamento si basa anche sulla tanto discussa app Immuni, di cui il premier non ha parlato nell’ultima conferenza stampa. “In vista dell’imminente riapertura non è stato detto nulla, durante la presentazione del dpcm, sulla medicina di base e territoriale, sulle app per il tracciamento. Secondo quanto dice l’Istituto superiore di Sanità rischiamo di avere una curva dei contagi preoccupante e non localizzata. Per questo servono i tamponi, per consentire a chi non è direttamente coinvolto di vivere. Perché è chiaro che non possiamo andare avanti per altri sei mesi così”.
E poi c’è la questione relativa ai tamponi, che continua a tenere banco. Secondo Civati, bisognerà aumentare il numero dei test per avere un quadro costantemente aggiornato e chiaro sulla situazione. “Come dice Crisanti servirebbero 200mila tamponi al giorno, quindi almeno tre volte quelli che stiamo facendo. Non si capisce perché alcune Regioni, anche le più esposte, non stiano facendo tamponi a sufficienza. Ma i test dovevano essere il preliminare, la fase 1. O quantomeno la fase 2 deve partire con i tamponi e con il tracciamento dei casi sospetti, soprattutto per la loro incolumità, non certo per controllarli. Questo è il grande equivoco su cui poggiano le polemiche sulle app: non sono strumenti che servono allo Stato per seguire i cittadini, al contrario servono ai cittadini per non ammalarsi e per non far ammalare i propri cari”.
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Infine, secondo Civati le regioni dovrebbero avere maggiore margine di manovra, vista la forte spaccatura tra la situazione dell’emergenza Coronavirus tra regioni del Nord e del Centro-Sud. “Conte poi dovrebbe darci in modo chiaro dei tempi e un quadro nazionale, all’interno del quale le Regioni possano muoversi con le loro specificità, in base alle loro esigenze sanitarie. Ma non è pensabile che ogni governatore faccia di testa sua, trasformando ogni intervento in un comizio, solo per strappare qualche voto. Questa è stata una grande sconfitta del federalismo. E non significa che bisogna centralizzare, come dice qualcuno, ma bisogna far funzionare meglio questo sistema, riorganizzando il rapporto tra Stato, enti locali e autonomie regionali”.