La Società italiana di pediatria scrive una lettera a undicimila pediatri per chiedere di stare all’erta su questo fenomeno.
“Nelle ultime settimane è stato osservato, in particolar modo nelle zone del paese più colpite dall’epidemia da Sars-Cov-2 – riporta il quotidiano La Repubblica – un aumento della frequenza di bambini affetti da malattia di Kawasaki”. Si tratta in parole povere di una vasculite che colpisce i bambini sotto i 10 anni, più spesso prima dei 5. La causa non si conosce ancora, cosa che rende la malattia molto temuta e difficile da controllare. I sintomi sono febbre alta persistente, eruzione cutanea, alterazioni delle mucose e delle estremità. Spesso provoca l’infiammazione delle arterie del cuore, che può causare dilatazioni aneurismatiche permanenti delle coronarie. La buona notizia è che si conosce la cura e che quasi tutti i bambini, se la diagnosi arriva in tempi rapidi, guariscono. Almeno questi erano i dati in nostro possesso prima dell’arrivo del Covid-19. Pare, infatti, che il coronavirus provochi una mutazione della Kawasaki aggravandone le caratteristiche peculiari. L’allarme è già stato lanciato all’interno della comunità scientifica e fra i pediatri di famiglia, che hanno scritto la lettera ai soci. Lo studio è in fase di sottomissione a un’autorevole rivista internazionale.
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Va precisato che solo pochissimi bambini infettati da SarsCov2 sviluppa la Malattia di Kawasaki, meno dell’1%. Nonostante ciò, avvertono, “in previsione dell’imminente apertura alla Fase 2, è importante tenere presente tutte le conseguenze che questo virus insidioso può causare, sia nella fascia di età adulta che in quella pediatrica“. Se i contagi dovessero aumentare, potrebbero proporzionalmente crescere anche i casi di Kawasaki. “Non è chiaro – si legge nella lettera – se il virus Sars-Cov-2 sia direttamente coinvolto nello sviluppo di questi casi di malattia di Kawasaki o se le forme che si stanno osservando rappresentino una patologia sistemica con caratteristiche simili a quelle della malattia di Kawasaki, ma secondaria all’infezione. Ciò nonostante, l’elevata incidenza di queste forme in zone ad alta endemia di infezione da Sars-Cov-2 (Lombardia, Piemonte e Liguria) e l’associazione con la positività dei tamponi o della sierologia, suggerisce che l’associazione non sia casuale“.
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