Una nuova importante ricerca è stata pubblicata su APL Bioengineering, rivista dedicata alla bioingegneria: un biorobot con midollo spinale di ratto, chiamato spinobot, permetterà di compiere ulteriori studi in merito alla Sla.
I biorobot ibridi sono composti sia da componenti biologici che da quelli sintetici, e vengono sviluppati per ricostruire le funzioni biologiche nei sistemi meccanici e ottenere una migliore comprensione dei progetti biologici. Nel caso dell’ultima ricerca pubblicata sulla rivista APL Bioengineering, l’ultimo passo avanti in merito a queste tecniche di bioingegneria viene dall’Università americana dell’Illinois, la Urbana-Champaign.
Un gruppo di ricercatori americani ha infatti realizzato uno spinobot, ovvero un biorobot con muscoli artificiali controllati dal midollo spinale di un ratto. Lo spinobot diventa dunque uno strumento molto importante per poter studiare quelle che sono le malattie neurodegenerative umane, come ad esempio la Sla.
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Uno spinobot per studiare la SLA
Secondo quanto viene riportato all’interno del paper di ricerca pubblicato sulla rivista, i robot biologici (detti più semplicemente biobot) traggono ispirazione dai sistemi biologici naturali, per imitare i movimenti (come il nuoto o il salto) degli organismi. Tali robot possono portare a fruttuose applicazioni nel campo della biorobotica, ma la loro costruzione non è sempre facilissima.
Imitare i complessi movimenti dei vari organismi richiede infatti la realizzazione di robot ibridi, che abbiano per forza delle componenti organiche oltre che artificiali. Tuttavia, come riporta un altro studio pubblicato sulla stessa rivista, i muscoli fatti di tessuto scheletrico tendono a danneggiarsi facilmente, e vanno trovate delle tecniche di incapsulamento particolari per portare a termine lavori più approfonditi.
Nel caso dello spinobot, la situazione è ben diversa. Infatti, il gruppo di ricerca della Urbana-Champaign ha scelto di inserire il midollo spinale di un ratto all’interno di una struttura composta da muscoli artificiali, che permettono dunque al robot ibrido di muoversi. Secondo quanto viene riportato nel lavoro, dopo sette giorni i motoneuroni del midollo spinale (i neuroni che trasportano il segnale all’esterno del sistema nervoso centrale per controllare il movimento dei muscoli) hanno iniziato a produrre attività elettrica in grado di far contrarre i muscoli artificiali.
Mentre le generazioni precedenti di di biobot potevano andare avanti con una semplice contrazione muscolare, l’integrazione del midollo spinale dà loro un ritmo di camminata più naturale, spiega la leader del gruppo di ricerca Martha Gillette, professoressa di biologia cellulare e dello sviluppo.
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In merito al lavoro si è espresso anche uno dei ricercatori che ha preso parte al progetto, Collin Kaufman. L’autore ha dunque dichiarato:”Quando abbiamo esaminato a fondo come si è sviluppata l’interfaccia neurone-muscolo, siamo stati entusiasti di osservare molte somiglianze tra il nostro spinobot e il modello in vivo”. Un risultato molto importante, questo, perché il biorobot ibrido potrebbe essere utilissimo per studiare malattie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica, dato che la morte dei neuroni provoca l’eventuale perdita della funzione motoria.
Proprio in tal senso, allora, Kaufman ha spiegato che “i prossimi passi per studiare una tale malattia sono sorprendentemente vicini”, visto che lo spinorobot potrebbe appunto permettere di “capire come i neuroni malati interagiscono con i muscoli vicini“.