Il premier Giuseppe Conte arriva in Lombardia per la prima volta: Milano, Bergamo, Brescia. In un’intervista a La Stampa analizza diversi punti controversi lasciati dalla conferenza stampa sulla fase 2. Industrie, zone rosse, ambiguità e Cei.
E’ la prima visita in Lombardia dall’inizio dell’emergenza coronavirus, e Giuseppe Conte coglie l’occasione per visitare i luoghi dell’epicentro, incontrare vertici locali e chiarire alcuni punti in conferenza stampa. Si tratta di una visita che il premier aveva predisposto di fare già a inizio marzo. Ma fu bloccato dal parere di esperti e bracci destri: era troppo rischioso, troppo presto. In un’intervista a La Stampa analizza più dettagliatamente alcuni punti toccati durante gli incontri. Molte sono infatti le critiche che hanno assalito il governo Conte dopo la conferenza stampa sul nuovo Dpcm per la fase 2 dell’emergenza coronavirus. Oltre alle opposizioni, si sono scagliati contro i provvedimenti: industriali, commercianti, Italia Viba, Pd, vescovi…
Molte le critiche, soprattutto riguardo una fase 2 monca, dimezzata, quasi identica alla fase 1, e riguardo i numerosi dubbi lasciati dalla conferenza stampa. Ma Conte ribadisce sulla gestione dell’emergenza coronavirus: “Non sono pentito. Io ho una grande responsabilità nei confronti del Paese. Non posso permettermi di seguire il sentimento dell’opinione pubblica che pure comprendo nelle proprie emozioni. La bussola che guida l’azione e le scelte del governo sono le valutazioni che hanno e devono continuare ad avere una base scientifica. È mio dovere attenermi a questa”. Poi Conte ammette: “A Milano c’è una certa rigidità del comitato tecnico-scientifico, ma se c’è è sulla base della letteratura scientifica sui contagi che loro hanno a disposizione”.
Ma il capo del governo ribadisce la linea d’azione: meglio fidarsi dei consigli degli esperti che rischiare con una ripartenza azzardata. E ancora: la task force ha consigliato, ma il governo ha deciso. Conte ribadisce: “Capisco il sentimento di frustrazione e di contrarietà”. Ma se R0 tornasse a 2, “la curva diventerebbe esponenziale. Con il tasso di letalità che c’è, sarebbe imperdonabile. Abbiamo l’obbligo di tenerla sotto controllo in tutti i modi”. Poi, di nuovo, il mantra: non bisogna abbassare la guardia. “Adesso tutto ci sembra più semplice perché siamo chiusi in casa. Ma basterebbe pochissimo per perdere il controllo della situazione. Soltanto che questa volta precipiteremmo in una condizione ben peggiore e forse irreversibile. Ecco perché sono convinto, convintissimo, che sia meglio procedere sulla base di un piano ben programmato, per minimizzare al massimo il rischio di una ricaduta che sarebbe fatale”.
Poi, per quanto riguarda fabbriche e aziende, su cui la tensione è altissima soprattutto in Lombardia, afferma: “Abbiamo aperto all’industria e questo significa non 3 milioni, ma 4 milioni e mezzo di lavoratori che si sposteranno nel Paese”. Poi, sulle polemiche su congiunti e autocertificazioni, sulle ambiguità lasciate dal governo, Conte spiega meglio le intenzioni. Scopo dell’azione di governo era allentare la morsa sui cittadini, ma evitando la sensazione di aver dato il via a una fase di “liberi tutti”. “Anche per questo abbiamo mantenuto l’autocertificazione, con specifiche motivazioni. Proseguiremo per step, pronti a correzioni se vedremo la curva rialzarsi. Ricorreremo a nuove zone rosse se necessario”, ha aggiunto Conte. Il premier annuncia anche prossime circolari per fare chiarezza ed evitare fraintendimenti.
Per quanto riguarda la riapertura delle chiese ora ci sono già due date, l’11 o il 18 per riaprire le chiese. Conte ha sentito il presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Il colloquio ha dato modo a Conte di rassicurare la Cei: “Con la Cei lavoreremo per concordare uno specifico protocollo di sicurezza, in modo da garantire a tutti i cittadini che parteciperanno a celebrazioni liturgiche condizioni di massima protezione”.
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