Coronavirus e Fase 2, il virologo Di Perri: “Rischio di richiudere tutto dopo due settimane”

Il virologo Giovanni Di Perri, membro della task force della Regione Piemonte, ha dimostrato dubbi e scetticismo in merito alla Fase 2 dell’emergenza coronavius, sostenendo che si aspetta una nuova chiusura in due settimane.

Giovanni Di Perri - coronavirus e fase 2

Dopo il discorso di Conte trasmesso ieri sera alla nazione, sono in molti gli italiani che hanno dimostrato scetticismo in questo primo “assaggio” di quella che viene definita Fase 2. Una seconda fase dell’emergenza coronavirus che, a partire da lunedì 4 maggio, regalerà un po’ più di libertà ai cittadini e, soprattutto, ai lavoratori.

Libertà che sebbene per molti sia considerata fin troppo esigua, per l’esperto Giovanni Di Perri, virologo del reparto malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, è vista persino come un azzardo. “Al momento i dati non consigliano una fase 2, tra 10 giorni chissà. In Piemonte si rischia di richiudere tutto dopo due settimane“, spiega ai giornalisti de Il Fatto Quotidiano, che hanno avuto modo di intervistarlo.

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Numeri troppo alti in Piemonte, rischio chiusura dopo 2 settimane

Giovanni Di Perri, virologo e membro della task force regionale, non ha voluto lanciare nessun allarmismo, ma ha parlato sulla base di quelli che sono i numeri riportati dalla Regione Piemonte. Secondo le analisi quotidiane che controllano l’andamento dei contagi, dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva, l’area piemontese è ancora troppo duramente colpita dall’epidemia.

Dati alla mano, sebbene l’aumento dei casi positivi in Italia tra il 23 e il 25 aprile si sia attestato su un -0,9%, soltanto in Piemonte si è invece registrato ancora un +2,3%, con i decessi che in media diminuiscono di circa la metà rispetto a quelli confermati in Lombardia. Per tale ragione, “allo stato attuale, il rischio di dover ricominciare da capo con il lockdown dopo due settimane, ossia il tempo medio di incubazione del virus, è forte”.

Però, puntualizza il virologo, da qui al 4 maggio passeranno 10 giorni, e proprio quei giorni – che comunque non sono pochi – saranno quelli decisivi. “Perché non sappiamo ancora quali dati avremo il 4 maggio, non è impossibile che ci sarà un numero di casi tale da poter ritenere possibile l’inizio della fase 2”, spiega infatti Di Perri. Soltanto che ora “è troppo presto per dirlo”.

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Non basta dunque considerare il calo dei ricoveri in terapia intensiva, poiché “per avere un’idea più realistica dello stato del contagio è necessario che i dati si liberino dal peso della voce Rsa”. Un peso, questo, estremamente gravoso, e che ha già portato la Procura di Brescia ad aprire un fascicolo (ancora contro ignoti) per omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa.

In tal senso, allora, servirà anche una risposta attiva alla pandemia: una gestione che sia più adeguata allo stato attuale delle cose, che permetta di non continuare a “fare i tamponi solo ai sintomatici”. Poiché anche questo è stato un errore, molto serio, tanto che a confronto appare evidente “l’esempio virtuoso del Veneto” – conclude l’esperto.

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