La Cei si scaglia contro l’ultimo dpcm Conte ed esige di poter riprendere azione pastorale. Il governo promette “protocolli per messe” nei giorni prossimi.
La Conferenza Episcopale Italiana, Cei, e i vescovi italiani si scagliano contro il rinnovo del blocco delle celebrazioni religiose, decretato dal governo Conte nell’ultimo dpcm, appellandosi addirittura alla violazione della “libertà di culto”. Lo scontro con il governo Conte è scoppiato subito dopo la comunicazione del premier, che annunciava il permanere del blocco anche dopo il 4 maggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Comitato tecnico-scientifico: “la partecipazione dei fedeli comporta criticità ineliminabili“. L’esecutivo ha concesso una deroga solo per la celebrazione dei funerali, ai quali potranno essere presenti, però, solo i parenti più stretti, in numero limitato.
Dopo le forti prese di posizione da parte della Cei e dell’Avvenire, quotidiano nazionale di impronta cattolica, Palazzo Chigi ha dichiarato di aver preso atto delle comunicazioni ricevute e precisato che nei prossimi giorni si metterà a lavoro per emanare dei protocolli per le messe. La Chiesa italiana aveva più volte sollecitato il governo alla riapertura delle funzioni e alla ripresa della partecipazione dei fedeli alle messe, nel totale rispetto della misure di sicurezza necessarie a tenere sotto controllo il contagio. Subito dopo la notizia del mantenimento del blocco, la Cei ha diffuso una nota molto dura: “i Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale“. Anche l’Avvenire ha denunciato l’accaduto e ha fatto sentire la propria voce, affermando che si tratta di un “errore molto grave e sarà molto difficile da far capire, perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no“.
Il governo è intervenuto immediatamente e ha inviato una nota in risposta alle accuse ricevute: “la Presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal Presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza“. Già il 23 aprile il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese aveva dichiarato all’Avvenire: “sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto“, specificando che è sempre stato in essere un contino confronto tra la Segreteria Generale della Cei, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio. Affermazione alla quale la Cei ha risposto: “un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che, nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla
pandemia, la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale. Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo. Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità, dare indicazioni precise di carattere sanitario, e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia“.
Anche il Ministro delle Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, si dichiara concorde con le parole della Cei e afferma: “non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose. Non ho mai condiviso questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del comitato tecnico scientifico. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese, e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali. Questa scelta priva i cittadini della libertà di vivere in comunità la dimensione del culto. Avremmo potuto farlo in pieno rispetto delle regole di sicurezza che sono necessarie per evitare la diffusione del contagio. Così come lo facciamo nei luoghi di lavoro e lo faremo nei musei che abbiamo già deciso di riaprire. Da ministra non mancherà la mia voce ferma perché nel Consiglio dei Ministri si consideri di modificare questa decisione. La comunità ecclesiale, in particolare, si sta mettendo al servizio delle famiglie, delle istituzioni, del Paese. Ringraziarla non basta. Va rispettata“.
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