Coronavirus, è presto per parlare di immunità: i test sierologici servono?

Pierangelo Clerici, presidente dell’associazione microbiologi clinici italiani, si sta occupando dell’emergenza Coronavirus in Lombardia. “Non possiamo ancora dire se siamo al riparto da un eventuale secondo contagio”.

test sierologici coronavirus

I test sierologici potrebbero rappresentare un altro elemento importante per monitorare l’andamento dell’emergenza Coronavirus in Italia. In ogni caso, è impossibile al momento poter parlare di persone che sono nel frattempo diventate immuni al Covid-19. A parlarne in tal senso è stato il professor Pierangelo Clerici. Il presidente dell’associazione microbiologi clinici italiani è nel team del comitato tecnico scientifico della Regione Lombardia. E grazie a questo suo nuovo incarico è riuscito a studiare buona parte dei casi di persone che sono rimaste contagiate dal Coronavirus.

Proprio a tal proposito, Clerici ha fatto capire che è presto poter parlare di immunità dal Covid-19. “Immune è una parola eccessiva in questo momento – ha dichiarato il microbiologo – perché ancora non siamo in grado di stabilire se una determinata quantità di anticorpi nel sangue ci protegga da un secondo contagio. Da solo il test del sangue non è risolutivo. Si può stabilire se si è avuto un contatto con il virus e quale tipo di contatto ma se il virus c’è o non c’è lo dice solo il tampone”.

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Il professor Pierangelo Clerici – meteoweek.com

A questo punto ci si chiede se i test sierologici possono essere utili, proprio in questa direzione. E il professor Clerici non sembra avere dubbi: “Sì, in primo luogo per le Regioni. Perché quello che si deve fare oggi è stabilire la diffusione del virus. La Regione Lombardia è partita in questi giorni a Lodi, Cremona, Bergamo e Brescia e inizierà la settimana prossima con tutte le altre province a sottoporre a test sierologici quantitativi tutti quelli che sono in isolamento fiduciario senza mai aver avuto un tampone. Una volta che capiremo in quanti hanno gli anticorpi e sono venuti a contatto con il virus, li sottoporremo al tampone”.

“Così facendo – prosegue Clerici – avremo due possibilità: hai superato l’infezione se il tampone è negativo. Oppure sei ancora infettivo con una bassa carica virale. A quel punto possiamo capire qual è il valore che ci consente di individuare la soglia di immunità. Per intenderci: se io trovo una popolazione di 100mila persone che hanno un valore di 100 unità arbitrarie di anticorpi, faccio il tampone e non trovando il virus posso pensare che quel valore sia legato all’assenza del virus stesso. Se invece trovassi a 100 unità arbitrarie di anticorpi ancora il virus nelle persone non posso dire che quel valore mi garantisca una sorta di immunità”.

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C’è chi sostiene che i test sierologici non siano utili in chiave Coronavirus. Clerici risponde così, facendo capire che fare ogni genere di test presente è importante per capire anche lo stadio su scala più ampia di ogni virus. “Ogni fase della malattia deve essere indagata con test sicuri. Avremo a disposizione esami che evidenzieranno anticorpi protettivi ovvero in grado di definire la capacità dell’anticorpo di proteggere da un nuovo contagio. Questo servirà sulla distanza per valutare se l’immunità è permanente o meno. Adesso è necessario capire in quanti hanno avuto contatto con il virus”.

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