Da ieri è disponibile in streaming sulla piattaforma Netflix il film action Tyler Rake, con protagonista Chris Hemsworth. Il lungometraggio brilla per l’azione solida e ben coreografata, ma fatica a causa di una scrittura banale e ripetitiva dei dialoghi.
È disponibile in streaming da ieri sulla piattaforma Netflix il film Tyler Rake, produzione originale diretto dall’esordiente Sam Hargrave (con un lungo passato da stunt coordinator) e scritto da Joe Russo sulla base di un fumetto pubblicato qualche anno fa. Il film è interpretato da Chris Hemsworth, David Harbour, Derek Luke e Manoj Bajpayee.
Il film segue la missione di un mercenario inviato in Bangladesh per salvare il figlio rapito di un boss del narcotraffico: un compito apparentemente lineare, ma non privo di pericoli, che si trasforma in una lotta per la sopravvivenza. A dirigere il film c’è un esordiente, Sam Hargrave, che si trova per la prima volta dietro la macchina da presa dopo un passato da stuntman prima e da stunt coordinator poi. È lo stesso percorso, ad esempio, di David Leitch (il regista di John Wick e Atomica Bionda). Entrambi sembrano utilizzare proprio quell’esperienza con gli stunt per mettere in scena un’azione sempre solida e ben coreografata, allo stesso tempo muscolare ed elegantemente coordinata (un modello di cinema action creato da Gareth Evans con i due The Raid). Tyler Rake è per questo innanzitutto un film di regia: proprio grazie alla carriera passata del regista, le coreografie raggiungono una chiarezza ed una velocità di movimento molto elevate per gli standard occidentali.
Sam Hargrave è bravissimo nel gestire l’azione sia a livello degli scontri corpo a corpo (in diverse sequenze la macchina da presa si muove con i personaggi, seguendo i loro pugni e schivando i loro colpi) che a quello delle grandi scene corali (nel finale entrano in scena elicotteri, automobili e cecchini). Hargrave getta il suo corpo nella mischia e si avvicina alla regia del film con la spericolatezza di chi è sempre stato abituato al rischio, utilizzando la macchina a mano in prima persona per realizzare riprese vorticose ed elettrizzanti. Da questo punto di vista Tyler Rake è di gran lunga superiore anche rispetto a John Wick ed è forse l’action americano con grande star protagonista che maggiormente si avvicina agli standard orientali.
Eppure Tyler Rake cade proprio nel momento in cui cerca di concentrarsi sull’introspezione. Se il suo modello di riferimento (The Raid) aveva una premessa chiara, già utilizzata tantissime altre volte ma abbastanza potente da reggere un intero film (il protagonista deve riprendersi il proprio fratello e salvarlo), Tyler Rake spesso ritorna su cose già dette, si ferma spesso per riflettere su fatti, eventi, personaggi e sentimenti su cui c’è pochissimo di nuovo da dire che non sia già stato detto. Proprio questi momenti di stanca sviliscono invece quella componente di regia, montaggio e dinamica che era l’ossatura del film di Gareth Evans (che si occupava della sua premessa solo nei primi minuti).
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