L’infettivologo Massimo Andreoni condivide l’appello dell’Oms e conferma che sulla possibile immunità di chi è guarito non ci sono certezze.
Nessuna certezza sulla possibile immunità di chi supera l’infezione di coronavirus: purtroppo al momento questa è la situazione. Lo ha detto l’Oms, lo conferma l’infettivologo Massimo Andreoni,
direttore scientifico della Società Italiana di Malattie
Infettive (Simit). Lo scienziato ha commentato proprio il documento pubblicato su questo tema dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità: “Al momento sappiamo solo che gli
anticorpi dopo l’infezione da Covid-19 si formano, ma non
abbiamo idea se poi proteggono dal virus. È giusto l’appello
dell’Oms, servirà ancora tempo per sapere se si possono dare
‘patenti d’immunità'”. Alcune informazioni sono state raccolte, non si è al “punto zero”: ma è ancora troppo presto per poter essere certi di qualsiasi cosa: “Alcuni passi avanti sono stati fatti – aggiunge Andreoni – possiamo dire ad esempio che gli anticorpi hanno una durata di quattro mesi, ma saremmo più interessati a sapere se durano anni, cosa impossibile visto che il virus è nuovo. Inoltre oltre alla risposta attraverso immunoglobuline, che è quella che misuriamo con i ‘famosi’ test sierologici, nelle malattie respiratorie è importante anche la cosiddetta ‘immunità cellulo-mediata’, di cui ancora sappiamo molto poco”. La speranza, spiega sempre Andreoni, è che il Sars-CoV-2 si comporti da questo punto di vista come gli altri coronavirus.
LEGGI ANCHE -> Mattarella: “Liberazione e 25 aprile siano simbolo di ripartenza”
LEGGI QUI -> Coronavirus, le 106 “zone rosse” d’Italia: aree a forte rischio di contagio
“I coronavirus in generale – illustra quindi il direttore scientifico Simit, Andreoni – generano una buona risposta, con degli anticorpi protettivi, non a caso abbiamo dei buoni vaccini contro questi virus per gli animali”. C’è una esperienza scientifica importante di studio e conoscenze sui coronavirus: “Se dovessimo basarci sull’esperienza passata – aggiunge ancora l’esperto – potremmo essere ottimisti, ma ricordiamo che questo è un virus nuovo. Abbiamo notato ad esempio che può succedere che in qualche persona anche quando ha gli anticorpi, verso la fine della malattia, può verificarsi una ripresa della replicazione cellulare, e questo potrebbe essere un segnale negativo, che però deve essere analizzato meglio”. L’unica cosa certa, al momento, sono gli effetti del distanziamento sociale che hanno creato delle barriere alla diffusione incontrollata del contagio: anche con la graduale riapertura, l’attenzione dovrà restare alta.