Il particolato atmosferico è un possibile indicatore di future recidive dell’epidemia da Coronavirus. L’esito della ricerca è un grande passo avanti.
Lo studio è stato effettuato da Sima, dai ricercatori dell’Università di Bari, Bologna e Trieste e dell’ateneo di Napoli “Federico II”. Un mese fa è stato pubblicato un articolo sulla “Valutazione della potenziale relazione tra l’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell’epidemia da Covid-19”. Oggi, la Società Italiana di Medicina Ambientale ha annunciato, che il coronavirus SARS-Cov-2 è stato ritrovato sul particolato (PM). Per particolato s’intende l’insieme della particelle di aerosol sospese nell’atmosfera terrestre.26
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Con questo studio Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca scientifica, ha dichiarato: “Possiamo confermare di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele”.
Il professor Miani, ha aggiunto: “Siamo in stretto contatto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con la Commissione Europea per condividere i risultati delle nostre analisi. Sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il PM come ‘carrier’ di nuclei contenenti goccioline virali, ricerche che dovranno spingersi fino a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del SARS-CoV-2”. La ricerca in questo momento è preziosa in vista dell’imminente riapertura delle attività sociali e conferma l’importanza di un utilizzo delle mascherine e il rispetto del distanziamento inter-personale di 2 metri.