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Cronaca

Coronavirus, pizzerie e bar: a Napoli riapriranno solo due su dieci

A partire dal 27 aprile a Napoli si potrà riprendere con il food delivery, ma dei bar e delle pizzerie ne riapriranno solo due su dieci, a causa delle limitazioni imposte dalla Regione.

Coronavirus, pizzerie e bar- a Napoli riaprono solo due su dieci (Getty) – meteoweek.com

A Napoli Confcommercio e Confesercenti, le associazioni di categoria che insieme contano circa 20mila adesioni tra bar, pizzerie, ristoranti e pub, stimano che dal 27 aprile riapriranno solo il 20% delle attività legate al cibo. Le cause riguarderebbero le forti limitazioni imposte dalla Regione nell’ordinanza emessa due giorni fa, che ha previsto la ripresa delle consegne a domicilio, bloccate per lockdown totale solo in Campania. Anche due storici locali come Gambrinus e Mennella hanno deciso di non riaprire.

Il presidente di Confesercenti Campania, Vincenzo Schiavo, ha dichiarato: “stimiamo che almeno l’80% delle 10mila imprese di ristorazione iscritte alla nostra associazione non riaprirà lunedì. Non ce la faranno perché l’impegno è troppo gravoso e non c’è certezza che ci sia un adeguato ritorno economico. Con l’onere della sanificazione in pochi giorni, per mezza giornata e con i tanti vincoli imposti dall’ordinanza, è tutto a loro sfavore“. Anche il direttore di Confcommercio Napoli, Pasquale Russo, e Massimo Di Porzio della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) hanno affermato: “per poter operare servono correttivi all’ordinanza, ogni lavoratore dovrebbe avere un certificato medico, infatti, ma è impossibile in questo periodo farsi visitare dal medico curante. Difficile poi approvvigionarsi di mascherine, i copriscarpe non servono e i grembiuli monouso sono quasi introvabili su due piedi. Inoltre, la Regione prevede la sanificazione: ma se siamo chiusi da 45 giorni, come potrebbe esserci il virus nei locali? Inoltre le pizzerie possono lavorare dalle 16 alle 22, ma non ci sono i tempi necessari tra la preparazione degli impasti e le relative consegne. Una pasta deve crescere per 5 ore. Chiediamo al governatore che dal 4 maggio ci sia un adeguamento delle ordinanze regionali a quelle nazionali. Da quello che ci risulta l’80% dei nastri 10mila iscritti ha deciso di aspettare il mese prossimo, e non partirà il 27. Da martedì si aggiungeranno altri esercizi, ma non faranno servizio delivery, piuttosto riorganizzeranno i locali. Bisogna inoltre sbloccare il take away il 4 maggio, oltre al food delivery. Solo con il cibo d’asporto molte saracinesche potranno rialzarsi“.

Per rispettare l’ordinanza della Regione, ogni imprenditore dovrà accollarsi diverse spese per poter riaprire le saracinesche: circa 600 euro per la sanificazione e i corsi di formazione per l’adeguamento dei dipendenti nel post-pandemia e circa 100 euro per l’acquisto dei dispositivi sanitari per ogni dipendente. Nelle scorse ore è nato un gruppo Whatsapp “lo non apro”, tra i cui fondatori ci sono Guido Guida di Opera al Vomero in via Luca Giordano, Antonio Siciliano del Bar Napoli, Attilio De Gais di Vesi Gourmet in via Caracciolo, Vincenzo Imperatore dell’omonima rosticceria dei Colli Aminei e Giuseppe Scicchitano della Figlia d’o Marenaro di via Foria. Proprio Vincenzo Imperatore ha dichiarato al riguardo: “aprire in questo momento à impossibile, innanzitutto c’è il problema sanitario. Poi quello dei dipendenti, che ancora non hanno visto i soldi della cassa integrazione. In tv e sui social si proclamano piani e soldi per le aziende, ma nella realtà non è arrivato un euro. E non abbiamo avuto nemmeno agevolazioni fiscali“. E Guido Guida di Opera aggiunge: “al gruppo, spontaneo partecipano 200 ristoratori, tra bar, pizzerie e paninoteche. Siamo imprenditori preoccupati. Le limitazioni imposte dalla Regione, senza aiuti economici, senza interventi sugli affitti, sulla tassa dell’immondizia e senza agevolazioni fiscali, ci stanno mettendo in agitazione. La limitazione di orari imposta dall’ordinanza inibisce qualsiasi possibilità di lavorare. Il delivery che apre alle 16 e chiude alle 22 è impossibile. L’offerta non si creerà mai. Aspettiamo risposte importanti dallo Stato per sapere come comportarci con i nostri dipendenti nei prossimi mesi, anche perché, con il freno agli ingressi, i dipendenti necessari saranno molti di meno. Senza ammortizzatori sociali saremo costretti a licenziare“.

 

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