Coronavirus, il boss mafioso Santapaola non va ai domiciliari

Non andrà ai domiciliari il boss mafioso Nitto Santapaola: per il giudice, l’isolamento imposto dal regime di 41bis è sufficiente a tutelarlo da un possibile contagio. 

Nitto Santapaola

Non passerà dalla detenzione al carcere a quella ai domiciliari il boss mafioso Nitto Santapaola, detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera a Milano. Proprio la sua condizione di isolamento lo porrebbe al riparo da eventuali rischi di contagio: “E’ ristretto in regime di 41bis” e “quindi in celle singole e con tutte le limitazioni del predetto regime che lo proteggono dal rischio di contagio”. E’ questa la motivazione con la quale il giudice della Sorveglianza di Milano ha bocciato la richiesta di differimento pena ai domiciliari per motivi di salute del capomafia ergastolano. Benedetto, detto ‘Nitto’, Santapaola, 81 anni, in una nota del carcere di Opera nel quale è detenuto firmata dal direttore Silvio Di Gregorio, viene descritto come soggetto di elevata pericolosità sociale, uno dei massimi esponenti dell’organizzazione criminale denominata ‘Cosa Nostra’”.

LEGGI ANCHE -> Coronavirus, deputato della Lega entra alla Camera con la febbre

LEGGI QUI -> Coronavirus, l’infettivologo Bassetti: “Ha perso potenza”

Proprio la direzione del carcere di Opera, in seguito alla richiesta di differimento della pena – e quindi di scarcerazione per
motivi di salute – presentata dalla difesa, aveva trasmesso alla Sorveglianza nei giorni scorsi una relazione sanitaria sulle condizioni di salute del boss. Il giudice Paola Caffarena, in poche righe, ha chiesto alla direzione del carcere di tenerla informata sulle condizioni di Santapaola, ma non ha riscontrato i presupposti per la concessione del rinvio della pena: “Il Santapaola – scrive la giudice Caffarena – è detenuto in regime di carcere duro in una cella singola e con tutte le limitazioni del predetto regime che lo proteggono dal rischio di contagio”.
Un caso, quello di Santapaola,  diverso da quello di Francesco Bonura, imprenditore condannato per mafia andato ai domiciliari nei giorni scorsi. Una scarcerazione, come aveva chiarito il Tribunale di Sorveglianza presieduto da Giovanna Di Rosa, decisa con un “provvedimento di concessione del differimento pena nella forma della detenzione domiciliare secondo la normativa
ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per
reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla
salute e all’umanità della pena”. In sintesi, il Tribunale aveva spiegato che il detenuto era “affetto da gravissime patologie” e che gli rimanevano da scontare solo 11 mesi, 8 mesi con la liberazione anticipata. Nulla a che vedere, per entità di reati e della pena, con la situazione di Nitto Santapaola.

Gestione cookie