Coronavirus, intervistato dall’Avvenire Lorenzo Bini Smaghi, economista e membro del comitato esecutivo della Bce. Una panoramica dal Mes all’impiego di risorse in settori strategici a livello europeo, fino alla Bce.
Lorenzo Bini Smaghi economista e già membro del comitato esecutivo della Bce ha analizzato vari elementi dell’emergenza economica coronavirus e le misure presentate dal pacchetto europeo. Il professore si era già schierato apertamente a favore del Mes, sostenendo che il no assoluto al Mes sarebbe una prova di mancanza di solidarietà dell’Italia nei confronti dei Paesi a favore. “La mia posizione è che il Mes debba poter offrire sostegno finanziario ai Paesi non solo quando sono in crisi, ma anche prima delle crisi. Per evitarle e per affrontare situazioni eccezionali come quella attuale con la Covid-Facility, disponibile senza condizionalità macroeconomiche. Ogni Paese sarà poi libero di scegliere se usare o meno il Mes e quale facility. Privare altri Paesi di questa possibilità, mettendo il veto sul Mes, è dar prova di mancanza di solidarietà europea. Conte se ne è finalmente accorto e ha ritirato il veto dell’Italia”.
E si tratta di una battaglia di fronte alla quale l’Italia non può tirarsi indietro. I veti non bastano, sottolinea il professore. Anche perché da Bruxelles hanno fatto notare che l’Italia non ha avanzato una proposta scritta in vista del Consiglio Ue. “L’esperienza della cooperazione europea mostra che per ottenere risultati positivi per il proprio Paese, in particolare per far fare passi avanti all’Unione, bisogna avere un progetto, condividerlo con altri ed evitare di rimanere isolati. Si può anche sostenere il progetto di altri, ma in questo caso i margini negoziali sono limitati e non si può poi pretendere di mettere il veto, come aveva minacciato il Presidente del Consiglio italiano due settimane fa. La mancanza di una propria iniziativa riflette la confusione che sta attraversando il Paese sul progetto europeo“.
Questa confusione interna si rifletterebbe, dunque, nel comportamento dell’Italia in Europa. A sua volta è frutto di discordie largamente alimentate dall’opposizione. “La confusione è alimentata da partiti o esponenti politici che in realtà perseguono l’isolazionismo e l’uscita dall’Europa“. Anche sul bilancio europeo, Bini Smaghi si mostra favorevole. “E’ definito attraverso un processo che dispone di una legittimità, coinvolgendo le istituzioni democratiche dell’Europa. Il problema è che richiede l’unanimità degli Stati, che devono fornire le risorse per tale bilancio. Bisognerebbe arrivare ad un sistema più efficiente, ma significa accettare la decisione a maggioranza”. Anche in questo caso, secondo Bini Smaghi fa acqua la posizione delle forze sovraniste. “Le forze sovraniste nei vari Paesi si oppongono proprio a questo, perché non vogliono una Europa più integrata. Questo è il paradosso della loro posizione”.
Per quanto riguarda il Recovery Fund, continua: “Ci vorrebbe un fondo sovrano europeo, per sostenere i campioni europei, che sviluppino tecnologia, prodotti e servizi per il sistema europeo. La Bce ha fatto molto. Ha fatto quanto la Federal reserve americana, anche con strumenti più potenti come la canalizzazione dei crediti attraverso il sistema bancario, garantiti dallo Stato”.
Secondo Lorenzo Bini Smaghi, dunque, la Bce sta facendo il possibile per l’emergenza coronavirus, e solo l’unità e la compattezza di intenti possono portare a fronteggiare la crisi in modo competitivo. Soprattutto se si pensa ai piani messi in atto da Stati Uniti e Cina. Solo così l’Europa può restare al passo dei grandi colossi. E per quanto riguarda l’Italia? Arriva la nota dolente. Il professore avverte sul grande pericolo: “Quest’anno debito e deficit schizzeranno: l’Italia dovrebbe già predispone un piano di rientro. La sostenibilità del debito dipende dai tassi d’interesse e dalla crescita. Il problema italiano in questi anni è stata la crescita bassa, per colpa delle inefficienze del sistema italiano, che riguardano la burocrazia, la giustizia, l’insufficienza di investimenti, la mancanza di meritocrazia. Deve cambiare il modello di sviluppo degli ultimi anni, che ha penalizzato gli investimenti e l’occupazione, con riforme incisive. Altrimenti si rischia di soffrire degli stessi mali del passato”.
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